Le fatture con descrizioni generiche sono contestabili
Con l’ordinanza 3.11.2022, n. 32369 la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, che contestava la deduzione del costo e la detraibilità dell’Iva di fatture per l’estrema genericità delle indicazioni riportate.
L’art. 21, c. 2, lett. g) D.P.R. 633/1972 dispone che le fatture debbano contenere la natura, la qualità e la quantità dei beni e dei servizi formanti oggetto dell’operazione. Da questo discende che la fattura che riporta indicazione generiche è passibile di recupero da parte dell’Agenzia delle Entrate che ne può contestare la deducibilità del costo e la detraibilità dell’Iva. A trattare questo argomento è intervenuta di recente la Cassazione, con l’ordinanza 3.11.2022, n. 32369, ma sullo stesso tema era l’ordinanza 29.11.2021, n. 37208.
Il punto chiave nelle due sentenze è il medesimo: se il contribuente che si è dedotto il costo di una fattura con un’indicazione generica, riesce a integrare con ulteriore documentazione in suo possesso, è legittimato alla deduzione del costo e alla detrazione dell’Iva, viceversa nel caso opposto.
Nella più recente ordinanza il contribuente, dovendo difendersi dal ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate, era in possesso di documentazione aggiuntiva che poteva dimostrare l’assoluta veridicità dell’operazione, ossia il contratto di collaborazione con la ditta che gli aveva emesso fattura e il registro con i nominativi delle pratiche evase.
Le fatture erano state emesse dalla ditta fornitrice per recuperare il credito in via stragiudiziale, indicando soltanto la dicitura “prestazioni per vostro conto”. Avendo fornito questa evidenza la controparte ha la possibilità di dedursi il costo e anche di detrarsi l’Iva, in quanto, sebbene l’irregolarità della fattura, non redatta secondo i principi di cui all’art. 21 suddetto, faccia venir meno la presunzione di veridicità dell’operazione, ai fini della verifica del diritto alla detrazione dell’Iva, l’Amministrazione Finanziaria deve considerare anche le eventuali altre informazioni fornite, tra cui documenti, messaggi, informazioni complementari forniti dal soggetto passivo. In questo caso il ricorso dell’Agenzia è stato rigettato.
Di opposta conclusione, invece, è l’ordinanza del 29.11.2021 nella quale la tematica e lo scenario sono i medesimi, ma in tal caso il contratto di appalto addotto come documentazione aggiuntiva per giustificare la genericità nella descrizione dell’operazione in fattura, non recava data certa, né il compenso stabilito, né modalità e quantità delle prestazioni pattuite. Tutto ciò generava “gravi irregolarità” legittimanti il ricorso all’accertamento induttivo del reddito imponibile. È, infatti, onere del contribuente fornire ulteriori informazioni complementari per dimostrare l’effettività, l’inerenza, la certezza, la determinatezza e la competenza dei costi che si sono portati in deduzione, non essendo sufficiente che la spesa sia stata contabilizzata.
Da queste due ordinanze è senz’altro opportuno ricordare di conservare la documentazione che attesti il rapporto/contratto intrapreso con il fornitore, per esempio anche scambiandosi PEC e descrivendo e specificando, opportunamente natura, qualità e quantità dei beni e servizi che formano l’oggetto dell’operazione.