Data Thinking
I dati non mancano più. Per l’impresa è il momento di investire su persone e mentalità nuove, strumenti e processi capaci di rafforzare le abilità cognitive più adatte a trasformarli in valore e decisioni migliori

Articolo di Antonio Belloni, Responsabile Centro Studi Imprese e Territorio e ArtserLab


Artser Lab è il think tank di Artser e produce idee e contenuti, analisi ed approfondimenti per chi guida le imprese. 



Autore: Antonio Belloni
Responsabile Centro Studi Imprese e Territorio e ArtserLab

Abbiamo così tanta conoscenza nei nostri archivi, così tanti dati e informazioni, che i nostri consulenti non sanno più darle un senso. Per molti di loro è diventata un dato.


Sono le parole di un manager di quella che fu una delle più grandi aziende di consulenza al mondo – Andersen – e di certo nel 1998, quando le ha pronunciate, non pensava che avrebbero poi descritto così bene la realtà attuale.


A moltissime imprese, infatti, oggi i dati e le informazioni non mancano più.

Oltre qualità e quantità

Dati ed informazioni, numeri e parole sono infatti diventati così abbondanti da fare perfino rumore e rendere difficile alle imprese e alle persone che vi lavorano individuare quelli davvero rilevanti.
La quantità non è più un problema. Anzi.
C’è un’espressione molto conosciuta nell’ambiente dei dati e delle informazioni, entrata nell’uso comune, che ben descrive la mentalità successiva, che dalla quantità, ci ha portato a concentrarci sulla qualità.
La frase garbage in, garbage out (GIGO) – usata per la prima volta nel 1957 e nell’ambiente dello sviluppo informatico – spiegava con una metafora che la qualità di dati e informazioni messi in un sistema ne pregiudica i risultati.
È una frase che conserva ancora valore. Ma anche qui, stiamo andando oltre.
Oggi siamo quasi arrivati al punto in cui, con i tanti sistemi di elaborazione disponibili, anche la qualità non sia più il problema: anche quando è poca o viziata, il dato può essere ri-pulito, ri-contestualizzato, ri-combinato.
Smarcassimo ogni problema di quantità e qualità, dove si giocherebbe la partita?
 

Data Thinking

Il contesto dei dati e delle informazioni è ora presidiato, o meglio occupato in tutti gli spazi, dall’argomento dell’intelligenza, intesa più in generale come capacità di elaborazione, archiviazione, gestione degli stimoli offerti dall’ambiente.
Ed all’impresa e le persone che vi lavorano, gli stimoli non mancano.
Dunque, se prima avevamo tanti dati, ora abbiamo tanti sistemi di elaborazione possibili. Potremmo dire che dal pensiero GIGO (il risultato dipende dal dato) stiamo passando a quello GITO: garbage in, treasury out.
Anche un dato spazzatura, ben elaborato, ci può dire qualcosa di interessante.
È quindi il sistema di elaborazione – se volgiamo, più semplicemente, la modalità di trattamento – a rendere dati e informazioni utili ed anche validi, perfino quando non sono nelle quantità e qualità desiderate.
Dal campo deterministico (lo stimolo, il dato, il numero) ci stiamo trasferendo sul campo adattivo, o meglio cognitivo: il risultato dipende da come pensiamo il dato, più che da quale dato consideriamo.
La partita si gioca quindi nel campo dell’intelligenza, del data thinking: per le persone e le imprese, pensare bene i propri dati è diventato più importante dei dati stessi, small data o big data che siano.
Più che i dati, è decisivo il modello cognitivo che applichiamo loro.
 

Tre livelli di impegno

È sulla base di questa individuazione del modello giusto che oggi l’impresa raggiunge la sua potenza informativa e quindi la sua abilità strategica.
Da qui, può scegliere come investire i propri soldi su tre livelli inscindibili di impegno cognitivo destinato ad estrarre valore dai dati e dalle informazioni, per arrivare alle decisioni più utili e quelle migliori.
Il primo riguarda le persone.
Alla filiera interna dei dati, infatti, non fa più partecipare solo la figura del data entry, ma può aggiungerne molte altre, come quelle del data analyst e del data scientist, del data strategist e del data protection officer…
Il secondo livello riguarda gli strumenti.
Dal “semplice” database, si diramano oggi strumenti di archivio, di elaborazione, fino ai software gestionali ed ai linguaggi che esprimono i bot di Intelligenza Artificiale, più o meno personalizzabili dall’azienda…
Il terzo è il campo dell’approccio strategico.
È in questo ambiente completamente intangibile che si decide cosa abbia valore, cosa influenzi di più le decisioni e dove si possa cercare per individuare dati ed informazioni dall’alto potenziale.
Oggi sono tre contesti dinamici per forma, per dimensione e per velocità.
E sono anche profondamente interattivi tra loro.
Il rischio più elevato, ignorando anche solo uno di questi aspetti, è proprio quello paventato anni fa dal manager di Andersen, ovvero che dentro e fuori l’impresa la conoscenza si riduca ad un semplice dato.