La catena di alberghi Hilton ha introdotto un grande cambiamento organizzativo a partire da segnali informali raccolti dal front-line. I commenti dei dipendenti, le lamentele ricorrenti e le impazienze non erano episodi da spiegare in sé, ma soft data che mettevano in luce la rigidità del processo di accoglienza.
Introdussero così il check-in digitale: una decisione presa grazie a informazioni soft, non da metriche dure.
LEGO scoprì quanto è importante raccogliere e interpretare i soft data con il lancio della linea di prodotti Mindstorms che combina costruzioni, robotica e programmazione.
Dai forum emergeva il messaggio ricorrente: “poco flessibile”. Fu però interpretato in senso tecnico e portò a hardware più potente e software più sofisticato. Ma le vendite rimasero basse.
Solo andando più a fondo si capì che la “flessibilità” richiesta era quella di poter modificare e personalizzare il sistema. Infatti, quando LEGO aprì il codice e coinvolse la community nello sviluppo, Mindstorms divenne un successo globale.
Quanto valgono i soft data
Sono molto abili nel nascondersi dentro e fuori l’azienda, ben oltre i numeri. Ma sono trasformabili in informazioni di qualità e danno vantaggi competitivi certi. Ecco cosa dicono i casi più importanti

Artser Lab è il think tank di Artser e produce idee e contenuti, analisi ed approfondimenti per chi guida le imprese.
A cura di Antonio Belloni, Head of research department Artser Lab.

Autore: Julio Caselli
Esperto di management e data science, scrive per Harvard Business Review Italia
I soft data sono dati non numerici che contengono informazioni utili per un’organizzazione. Sono umori, segnali di fiducia, intoppi operativi, o altro. Non esiste un elenco esaustivo: ogni azienda ha i propri.
Individuarli non è banale, ma permette di intercettare in anticipo tendenze, rischi e opportunità.
Ogni azienda deve sviluppare un metodo specifico per valorizzare i propri.
Il primo passo è chiedersi quali siano i canali informali di comunicazione: dalle e-mail ai commenti nel CRM, dalle chat di WhatsApp ai forum di settore, fino alle pagine Instagram o ai profili personali.
In questi spazi emergono segnali qualitativi che richiedono interpretazione, ma anche trigger immediati che possono attivare decisioni rapide.
Un caso esemplare è quello di un’azienda di telecomunicazioni che utilizzava LinkedIn Sales Navigator in un flusso automatico: ogni volta che un responsabile IT di un’azienda cliente aggiornava la propria posizione lavorativa, la notifica arrivava in tempo reale ai commerciali. Così il team ricontattava subito il manager nella nuova azienda, aprendo opportunità commerciali, e allo stesso tempo allacciava i rapporti con il nuovo IT manager.
Accanto al monitoraggio dei canali, è essenziale creare occasioni ricorrenti in cui le persone possano “pensare ad alta voce” e condividere ciò che di solito resta implicito.
Questi momenti possono coinvolgere tutti i livelli dell’azienda, come anche clienti e partner.
In questi spazi le domande aperte sono lo strumento più potente. Domande ampie, come “I nostri operativi sono felici?” o “Cosa stiamo omettendo ai clienti?” hanno la capacità di portare alla luce informazioni nascoste e prospettive nuove.
Accanto agli incontri dal vivo, le aziende possono raccogliere soft data anche in modalità asincrona, con questionari a risposta aperta.
Inoltre, ogni nuova attività aziendale dovrebbe includere sin dall’inizio meccanismi di raccolta periodica e interpretazione continua di segnali qualitativi.
Le aziende più grandi lo fanno già: Google utilizza sistemi di people analytics per monitorare sentiment e percezioni, e GE usa un’app per tracciare interazioni quotidiane, feedback e conversazioni regolari.
Una volta trasformati i soft data linguistici in testi, questi possono essere elaborati con tecniche di natural language processing.
A livello macro si cercano affermazioni chiare e pattern ricorrenti. A livello più fine si può arrivare fino alle parole più utilizzate, al numero di negazioni o alla frequenza di frasi passive rispetto alle attive.
Davenport et al. (2019) esplora proprio come il NLP (natural language processing) e strumenti analitici avanzati permettano alle aziende di “attivare” nuove fonti di dati, come testi, conversazioni e feedback, per trasformarli in insight utili alle decisioni. E Ross Gruetzemacher (2022) e Ouissale Zaoui Seghroucheni et al. (2025) mostrano come gli algoritmi NLP non solo “leggano le parole”, ma facciano emergere strutture di pensiero altrimenti implicite.
Cercare i soft data è sicuramente un’attività impegnativa, ma anche una straordinaria opportunità: basta un singolo, profondo, insight per ripagare l’intero investimento.
I soft data sono la versione contemporanea dei weak signals (segnali deboli) introdotti da Igor Ansoff a fine anni ’70 (1975, 1980). Infatti, descriveva così le informazioni incomplete e poco strutturate che anticipano eventi futuri potenzialmente rilevanti per l’impresa.
Per Ansoff i weak signals servono per ridurre la probabilità di “strategic surprise”, gli eventi improvvisi capaci di mettere in crisi l’azienda.
Un caso emblematico è quello di Nokia nei primi anni 2000. I clienti segnalavano nei forum e nei canali di assistenza il surriscaldamento e la scarsa durata delle batterie BL-5C.
L’assenza di un sistema consapevole di raccolta e analisi dei weak signals – dei soft data, diremmo oggi – portò l’azienda a sottovalutare la questione, fino a dover affrontare richiami costosi e dannosi per la reputazione.
I soft data sono ovunque e possono attivare risposte aziendali immediate.
Nel piccolo, un panificio che si sente spesso chiedere “Quando esce il pane caldo?” o “Perché non lo fate anche integrale?” può produrre pane integrale e programmare sfornate in orari diversi.
Più in grande, l’azienda di design e innovazione IDEO ha costruito il proprio successo sulle micro-impressioni qualitative (Brown, 2009).
Infatti, guardando a queste ha riprogettato pompe per infusione portatili, siringhe pediatriche o l’esperienza del terminal 4 del JFK o ancora l’Human-Centered Design Toolkit in cui ha proprio sistematizzato un metodo per portare i soft data al centro della progettazione sociale.
O ancora, sempre in grande, Procter & Gamble con il programma Connect & Develop, ha valorizzato intuizioni ed esigenze soft provenienti dall’esterno trasformandole in prodotti strategici (Huston & Sakkab, 2006) come lo spazzolino elettrico Oral-B CrossAction o le strisce sbiancanti Crest Whitestrips.
Questi e infiniti altri esempi mostrano che il valore dei soft data non sta nell’eccezione, ma nel renderli sistematicamente parte del processo decisionale.
Il punto è che non bisogna chiedersi se esistano informazioni che meriterebbero la nostra attenzione; ce ne sono moltissime: l’unica cosa da fare è trovarle e trasformarle in valore per la tua azienda.

Autore: Julio Caselli
Esperto di management e data science, scrive per Harvard Business Review Italia
Bibliografia
Ansoff, H. I. (1975). Managing Strategic Surprise by Response to Weak Signals. California Management Review, 18(2), 21–33.
https://cmr.berkeley.edu/1975/02/18-2-managing-strategic-surprise-by-response-to-weak-signals/
Ansoff, H. I. (1980). Strategic Issue Management. Strategic Management Journal, 1(2), 131–148.
https://doi.org/10.1002/smj.4250010204
Brown, T. (2009). Change by Design: How Design Thinking Creates New Alternatives for Business and Society. Harper Business.
https://www.harpercollins.com/products/change-by-design-tim-brown
Davenport, T. H., & Fitts, J. (2021, March 19). AI Can Help Companies Tap New Sources of Data for Analytics. Harvard Business Review.
https://hbr.org/2021/03/ai-can-help-companies-tap-new-sources-of-data-for-analytics
Duhigg, C. (2016, February 25). What Google Learned From Its Quest to Build the Perfect Team. The New York Times Magazine.
https://www.nytimes.com/2016/02/28/magazine/what-google-learned-from-its-quest-to-build-the-perfect-team.html
Gruetzemacher, R. (2022, April 19). The Power of Natural Language Processing. Harvard Business Review.
https://hbr.org/2022/04/the-power-of-natural-language-processing
Huston, L., & Sakkab, N. (2006). Connect and Develop: Inside Procter & Gamble’s New Model for Innovation. Harvard Business Review, 84(3), 58–66.
https://hbr.org/2006/03/connect-and-develop-inside-procter-gambles-new-model-for-innovation
IDEO.org. (2009). Human-Centered Design Toolkit: An Open-Source Toolkit to Inspire New Solutions in the Developing World. Bill & Melinda Gates Foundation.
https://hcd-connect-production.s3.amazonaws.com/toolkit/en/download/ideo_hcd_toolkit_final_cc_superlr.pdf
Robertson, D., & Breen, B. (2013). Brick by Brick: How LEGO Rewrote the Rules of Innovation and Conquered the Global Toy Industry. Crown Business.
https://archive.org/details/brickbybrickhowl0000robe_o0f0?utm
Thompson, D. (2013, February 28). Who Killed J.C. Penney? The Atlantic.
https://www.theatlantic.com/business/archive/2013/02/who-killed-jc-penney/273622/
Zaoui Seghroucheni, O., Lazaar, M., & Al Achhab, M. (2025). Using AI and NLP for Tacit Knowledge Conversion in Knowledge Management Systems: A Comparative Analysis. Technologies, 13(2), 87. MDPI.
doi.org/10.3390/technologies13020087