NASpI e ticket di licenziamento a carico del datore di lavoro
![operai](/static/upload/ope/operai1.jpg)
La NASpI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego) è stata introdotta dal Decreto Legislativo n. 22 del 4 marzo 2015 quale prestazione economica riconosciuta dall’INPS, per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° maggio 2015, avente lo scopo di fornire un sostegno al reddito dei lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perso involontariamente la propria occupazione.
L’indennità NASpI è riconosciuta a tutti i lavoratori dipendenti, compresi gli apprendisti, i soci lavoratori di cooperative, il personale artistico con rapporto di lavoro subordinato ed i dipendenti a tempo determinato, anche delle pubbliche amministrazioni.
Sono esclusi i dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni, gli operai agricoli (sia a tempo determinato che a tempo indeterminato) ed i lavoratori extracomunitari con permesso di lavoro stagionale.
Per poter beneficiare dell'indennità, il lavoratore deve essere in possesso dei seguenti requisiti:
- deve essere in stato di disoccupazione
- deve far valere almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione.
Lo stato di disoccupazione deve essere involontario e deve permanere per tutto il periodo di fruizione della NASpI.
Le principali tipologie di recesso che danno diritto alla citata indennità sono:
- il licenziamento disciplinare (per giusta causa o giustificato motivo soggettivo);
- il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, a seguito delle ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa;
- i licenziamenti collettivi attivati dai datori di lavoro con più di 15 dipendenti che preveda di licenziare almeno 5 dipendenti nell’arco di 120 giorni, in una unità operativa o in più sedi presso la medesima provincia;
- la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro intervenuta presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria prevista per i lavoratori a tutele reali ai sensi dell’art. 7, Legge 604/1966, come modificato dall’articolo 1, comma 4, della c.d. legge Fornero;
- la risoluzione consensuale avvenuta in ragione del rifiuto di trasferimento del lavoratore ad altra sede della stessa azienda, purché distante oltre 50 km dalla residenza o raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici;
- le dimissioni per giusta causa (a titolo meramente esemplificativo quelle rassegnate per: reiterato mancato pagamento della retribuzione, molestie sessuali, mobbing, spostamento del lavoratore da una sede ad un'altra, senza “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive”);
- le dimissioni rassegnate durante il periodo tutelato di maternità, tra i 300 giorni prima della data presunta del parto e fino al compimento del primo anno di vita del figlio ai sensi dell’art. 55 D.Lgs. 151/2001;
- le dimissioni rassegnate del lavoratore padre, durante il primo anno di vita del figlio, sempreché abbia fruito del congedo di paternità obbligatorio, previsto dall’articolo 27-bis del Testo Unico n. 151/2001, ovvero nel caso in cui abbia fruito del congedo di paternità alternativo, in caso di morte o di grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino del padre;
- nel corso della procedura di liquidazione giudiziale, il recesso da parte del curatore o la risoluzione di diritto del rapporto di lavoro subordinato.
Sono equiparati al licenziamento che danno diritto all’indennità di disoccupazione, anche i recessi da parte del datore di lavoro dovuti:
- al superamento del periodo di comporto, ovvero al raggiungimento del tetto massimo del periodo tutelato di salvaguardia del posto di lavoro durante la malattia previsto dalla contrattazione collettiva applicata al rapporto di lavoro;
- alla volontà dell’azienda di concludere il rapporto di apprendistato al termine del periodo formativo.
Nel caso di interruzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che danno diritto alla NASpI, è dovuto, a carico del datore di lavoro, un contributo aggiuntivo INPS - cosiddetto "ticket di licenziamento" - pari al 41% del massimale mensile di NASpI per ogni 12 mesi di anzianità aziendale negli ultimi 3 anni (nel 2023, pari ad Euro 603,10 annuali, per un importo massimo di euro 1.809,30 per il triennio di anzianità).
Pertanto, il ticket di licenziamento è dovuto nei casi di:
- licenziamenti individuali (anche durante il periodo di prova);
- licenziamenti collettivi, il contributo è moltiplicato per 3 volte in caso di mancanza di accordo sindacale. A decorrere dal 1° gennaio 2018, il contributo è elevato all’82% per le imprese soggette al versamento del contributo per la Cassa Integrazioni Guadagni Straordinaria che effettuano riduzioni di personale nell’ambito di procedure di licenziamento collettivo;
- dimissioni per giusta causa;
- dimissioni della lavoratrice madre e/o lavoratore padre durante il periodo tutelato;
- interruzioni dei rapporti di apprendistato;
- risoluzione del rapporto di lavoro derivante da trasferimento del lavoratore oltre i 50 km dalla sua residenza o raggiungibile in 80 minuti o oltre con i mezzi di trasporto pubblici oppure intervenute presso l’ITL nell’ambito della richiamata procedura ex art. 7, Legge 604/1966.
Il ticket non è dovuto nei casi di:
- risoluzioni consensuali del rapporto diverse da quelle sopra richiamate;
- decesso del lavoratore;
- licenziamento a seguito di cambi di appalto, ai quali siano succedute assunzioni presso altri datori di lavoro;
- interruzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, nel settore edile per chiusura o completamento del cantiere (ex art. 2, comma 34, Legge 92/2012);
- processi di riduzione di personale dirigente conclusi con accordo firmato da associazione sindacale stipulante il contratto collettivo di lavoro (opera esclusivamente in riferimento a situazioni che rientrano nel quadro dei provvedimenti di “tutela dei lavoratori anziani”);
- licenziamento dei lavoratori domestici;
- licenziamento dei lavoratori in prossimità al pensionamento previo accordo sindacale e versamento all’INPS della contribuzione dovuta per il raggiungimento dei requisiti minimi per il pensionamento.