Smart working: cosa cambia dopo il 31 marzo 2022

Dal 1° aprile il ricorso allo smart working dovrà essere regolamentato da un accordo scritto tra azienda e lavoratore

 
smart working

Il D.L. n. 221 del 24 dicembre 2021 ha prorogato fino al prossimo 31 marzo lo stato di emergenza nazionale legato alla diffusione del Covid-19, dando la possibilità ai datori di lavoro di fare ricorso, fino a tale data, al lavoro agile (cosidetto smart working), in assenza di accordi individuali con i lavoratori e prevedendo una comunicazione telematica da effettuare al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Quest’ultimo, alla luce del protrarsi dello stato di emergenza, con la circolare del 5 gennaio 2022, ha inoltre raccomandato il massimo utilizzo del lavoro agile per le attività del settore privato che possono essere svolte con questa modalità.

La definizione di smart working e le regole del periodo emergenziale

Si rammenta che il cosiddetto smart working è da intendersi una particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato che, anche tramite un’organizzazione in fasi, cicli o obiettivi, prevede che il dipendente presti la propria opera, in parte all’interno e in parte all’esterno dei locali aziendali, senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro e con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.

Nell’immediatezza di fronteggiare la situazione pandemica ancora in atto, il legislatore, al fine di limitare il contagio da Covid-19 all’interno dei luoghi di lavoro, ha previsto un’apposita procedura semplificata per il ricorso allo smart working.

In particolare, derogando all’obbligo della sottoscrizione di un apposito accordo individuale con il lavoratore e agli obblighi e diritti previsti dalla Legge 81/2017 e dal D.Lgs. 81/2008, la procedura semplificata prevista durante lo stato emergenziale consiste:

  • nell’invio di una comunicazione telematica al Ministero del Lavoro circa l’elenco dei lavoratori interessati e la data di inizio e fine della prestazione di lavoro in modalità agile e
  • nell’utilizzo dell’informativa sulla sicurezza dei lavoratori in conformità alla documentazione disponibile sul sito dell’INAIL.
Cosa cambia dopo il 31 marzo 2022

Il 31 marzo 2022 è la data che segna la fine dello stato di emergenza e, di conseguenza, delle disposizioni derogatorie in materia di smart working, salva eventuale proroga. I datori di lavoro che vorranno ricorrere allo smart working dovranno necessariamente riorganizzarsi, alla luce delle disposizioni normative ordinarie che regolano l’istituto in esame.

Dal 1° aprile 2022, infatti, il ricorso allo smart working dovrà essere preceduto e regolamentato da un apposito accordo scritto tra azienda e lavoratore.

Lo smart working ritorna quindi ad essere subordinato al consenso del lavoratore, che accetta di alternare lo svolgimento della propria prestazione lavorativa tra l’interno e l’esterno dei locali aziendali.

Inoltre, in data 7 dicembre 2021, il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali insieme alle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, hanno sottoscritto il Protocollo Nazionale sul lavoro in modalità agile nel settore privato, già oggetto di analisi in una precedente informativa, che definisce le linee guida per la contrattazione collettiva, nazionale, aziendale e/o territoriale in materia di lavoro agile.

In particolare, il Protocollo ha sottolineato che:

  • l’adesione allo smart working avviene su base volontaria e
  • l’eventuale rifiuto del lavoratore non rappresenta motivo di licenziamento per giusta causa o giustificato motivo.

L’accordo, la cui validità può essere anche a tempo determinato, dovrà regolamentare tutti gli aspetti del rapporto di lavoro reso in modalità agile, tra cui:

  • l’alternanza tra periodi di lavoro all’interno o all’esterno dei locali aziendali con eventuale esclusione di luoghi non idonei;
  • le forme di esercizio del potere direttivo e di controllo da parte del datore di lavoro;
  • i tempi di riposo del lavoratore;
  • gli strumenti utilizzati dal lavoratore e le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la sua disconnessione dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
  • le condotte sanzionabili a livello disciplinare, con particolare attenzione ai rischi in materia di protezione dei dati aziendali durante l'utilizzo di strumenti tecnologici in ambienti che possano recare minacce alla riservatezza;
  • l’eventuale diritto all’apprendimento;
  • le forme e le modalità di esercizio dei diritti sindacali.

Infine, una copia dell’accordo deve essere trasmessa al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali attraverso un’apposita procedura telematica.

Inoltre, laddove queste regole non vengano rispettate, il datore di lavoro può far valere il suo potere disciplinare, che non riguarda soltanto le norme comportamentali previste dal codice disciplinare, che di per sé regolamenta la prestazione all’interno dei locali aziendali, ma anche le eventuali violazioni delle regole previste proprio nell’accordo di gestione del lavoro da remoto.

Si ricorda, infine, che il datore di lavoro è responsabile per la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità agile e del buon funzionamento degli strumenti tecnologici assegnati per lo svolgimento dell'attività lavorativa. Il lavoratore è tenuto a cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all'esecuzione della prestazione all'esterno dei locali aziendali.

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