Obbligo di repêchage: chiarimenti della Corte di Cassazione

L'obbligo di repêchage (letteralmente "ripescaggio") è un principio del diritto del lavoro che impone al datore di lavoro di verificare, prima di procedere al licenziamento per motivi economici o organizzativi, se il dipendente possa essere ricollocato in un'altra posizione all'interno dell'azienda, compatibile con la sua professionalità. Tuttavia, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 1364/2025, ha ribadito che il datore di lavoro non è obbligato a creare nuove posizioni o a riorganizzare l'azienda per mantenere in servizio un dipendente.
Nel caso specifico esaminato dalla Corte, un lavoratore era stato incaricato di aprire un ufficio di rappresentanza in Brasile, ma l'azienda ha dovuto abbandonare il progetto poiché il dipendente non era riuscito a ottenere la documentazione necessaria per risiedere nel Paese in modo permanente.
Il lavoratore possedeva competenze altamente specializzate nella commercializzazione di determinati prodotti, non estendibili ad altre aree aziendali. Dopo aver verificato l'assenza di ruoli compatibili all'interno dell'organizzazione, l'azienda ha proceduto al licenziamento per soppressione della posizione.
Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo la violazione dell'obbligo di repêchage. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha stabilito che l'azienda aveva correttamente adempiuto ai suoi obblighi, dimostrando che le sue mansioni erano state redistribuite tra altri dipendenti senza nuove assunzioni. Inoltre, un'altra assunzione avvenuta prima del licenziamento non era rilevante, poiché il nuovo assunto aveva una qualifica e un trattamento economico superiori e la sua posizione non era comparabile con quella del lavoratore licenziato.
La Corte ha ribadito alcuni principi giuridici fondamentali, tra cui il fatto che il datore di lavoro deve dimostrare l'assenza di posizioni libere compatibili con la professionalità del dipendente, ma non è obbligato a creare nuovi ruoli o modificare l'organizzazione aziendale per evitare il licenziamento (Cass. n. 23301/2018). Inoltre, non è tenuto a estendere la ricerca a mansioni non strettamente correlate alle competenze del lavoratore (Cass. n. 239/2005, Cass. 11427/2000).
La sentenza ha dichiarato illegittimo il licenziamento solo sotto il profilo procedurale, riconoscendo al lavoratore un'indennità pari a 12 mensilità dell'ultima retribuzione, come previsto dal comma 6 dell'art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.