Recupero contributi da eccedenza massimale: deducibilità nel periodo di imposta del rimborso
La maggior quota di contributi a carico del lavoratore, versati all’ex datore di lavoro, a seguito di diffida dell’Inps per erronea applicazione del massimale contributivo, è deducibile dal reddito ai sensi dell’articolo 10 comma 1 lettera e del TUIR. Lo ha chiarito l'Agenzia delle Entrate, con risposta ad interpello n. 117 del 15 marzo 2022.
Ai sensi della Legge n. 335 del 1995, di riforma del sistema pensionistico, per i lavoratori privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 e per coloro che esercitano la cosiddetta opzione al contributivo, è stabilito un massimale annuo della base imponibile contributiva e pensionabile (“massimale contributivo”) oltre il quale la retribuzione non deve essere assoggettata a prelievo di contributi previdenziali ai fini pensionistici. L’importo di detta retribuzione massima imponibile ai fini previdenziali viene rivalutato annualmente dall’Inps in base all’andamento dell’indice Istat.
Nel caso dell’interpello, l’Inps aveva notificato al datore di lavoro un provvedimento di diffida al fine di recuperare i contributi, non conteggiati per tre annualità e, di conseguenza, non versati, a causa dell’erronea applicazione del massimale ad un ex dipendente per cui risultavano versamenti contributivi in data antecedente al 1° gennaio 1996.
Infatti, in base alla norma, per coloro che vantano anzianità contributiva già maturata in forme pensionistiche obbligatorie entro il 31 dicembre 1995, il massimale contributivo non trova applicazione con la conseguenza che l’intera retribuzione imponibile deve essere assoggettata a contribuzione previdenziale.
A seguito del provvedimento dell’Inps il contribuente chiede chiarimenti all’Agenzia delle Entrate in merito alle modalità con cui procedere alla restituzione dei contributi per la quota a proprio carico e alla eventuale deducibilità di quest’ultimi, trattandosi di contributi obbligatori per legge.
L’Agenzia delle Entrate richiama l’articolo 10 comma 1 lettera e) del TUIR, in forza del quale è previsto che dal reddito complessivo si deducono i contributi previdenziali ed assistenziali versati in ottemperanza a disposizione di legge, nonché quelli versati facoltativamente alla forma pensionistica obbligatoria di appartenenza.
I contributi previdenziali obbligatori sono deducibili qualunque sia la causa che origina il versamento, non potendo subordinare la deducibilità degli stessi ad una specifica finalità.
L’Agenzia continua richiamando il cosiddetto “principio di cassa”, in base al quale i contributi previdenziali obbligatori, al pari di ogni altro onere, sono deducibili fino a concorrenza del reddito complessivo con riferimento al periodo di imposta in cui sono stati versati.
In forza di questo principio, la maggior quota contributiva, derivante dall’erronea applicazione del massimale contributivo, costituisce un’integrazione di contributi obbligatori per legge, a suo tempo non versati e pertanto deducibile ai sensi del già citato articolo 10 comma 1 lettera e) del TUIR.
Ai fini della deducibilità dal reddito occorre quindi fare riferimento al periodo di imposta in cui il contribuente rimborsa tali oneri all’ex datore di lavoro e non all’annualità in cui l’ex datore di lavoro è stato chiamato a versare (ed ha versato) la maggior quota contributiva a carico del dipendente.
I contributi in questione vanno quindi indicati nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui tali contributi siano stati versati. Il lavoratore può documentare il sostenimento dell’onere mediante una Certificazione Unica (CU) rilasciata dal datore di lavoro che attesti le somme oggetto di deduzione, tramite l’inserimento di un’annotazione a contenuto libero (codice ZZ).