Rinuncia al preavviso: resta l’obbligo contributivo verso l’INPS

La Cassazione ribadisce la centralità del principio del minimale contributivo

 
lavoro dimissioni

Con l’ordinanza n. 24416 del 2 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio che interessa direttamente datori di lavoro e consulenti: la rinuncia del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso non incide sull’obbligo contributivo nei confronti dell’INPS.

Nel contesto delle risoluzioni dei rapporti di lavoro subordinato, non è raro che datore di lavoro e dipendente trovino un accordo che escluda il pagamento dell’indennità sostitutiva del preavviso, spesso formalizzato in verbali di conciliazione o transazioni.

La Cassazione, tuttavia, ha ribadito che tali accordi non possono incidere sugli obblighi previdenziali: il datore resta comunque tenuto al versamento dei contributi calcolati sull’indennità che sarebbe spettata al lavoratore.

La base giuridica: obbligazione contributiva e minimale

Il ragionamento della Corte si fonda su due pilastri normativi:

- Natura pubblicistica dell’obbligazione contributiva: i contributi previdenziali hanno finalità di interesse generale e non possono essere modificati da patti privati (art. 2115 c.c., comma 3).

- Principio del minimale contributivo: sancito dall’art. 1 del D.L. 338/1989, prevede che la retribuzione da assumere come base imponibile ai fini contributivi non possa essere inferiore a quella stabilita dalla legge e dai contratti collettivi, a prescindere da quanto effettivamente corrisposto.

In altre parole, anche se il dipendente accetta di rinunciare al preavviso, l’INPS può pretendere i contributi calcolati sulla retribuzione che sarebbe stata dovuta.

Effetti pratici per le imprese

Questa pronuncia non introduce un principio nuovo, ma consolida un orientamento già radicato in giurisprudenza.

Per i datori di lavoro significa che:

  • gli accordi di rinuncia al preavviso restano validi tra le parti, ma sono irrilevanti nei confronti dell’INPS,
  • la base imponibile contributiva deve essere calcolata come se l’indennità fosse stata erogata,
  • eventuali omissioni possono comportare accertamenti ispettivi, recupero contributivo e sanzioni.
Il rischio elusione e il ruolo dei consulenti

La Cassazione sottolinea inoltre come tali patti possano configurarsi come tentativi elusivi, privi di efficacia verso l’ente previdenziale. Per questo motivo è fondamentale che imprese e consulenti del lavoro prestino massima attenzione nella predisposizione degli accordi di cessazione, valutando con precisione le conseguenze contributive e prevenendo contestazioni.

Una conferma per la gestione corretta delle risoluzioni

La decisione rafforza l’idea che la normativa previdenziale costituisca un sistema autonomo e inderogabile. Anche in un’ottica di flessibilità nelle relazioni sindacali e individuali, gli adempimenti verso l’INPS restano intangibili.
Per le imprese, ciò si traduce nella necessità di pianificare con attenzione le uscite, garantendo sia il rispetto delle intese con i lavoratori sia la regolarità contributiva.


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