Violazione obbligo di sicurezza: il lavoratore si può rifiutare di rendere la prestazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 3609 del 12 febbraio 2025, ha affermato che in caso di violazione dell’obbligo di sicurezza da parte del datore di lavoro, il lavoratore può rifiutarsi di eseguire la propria prestazione, conservando il diritto alla retribuzione.
Il caso riguarda tre macchinisti ferroviari che hanno contestato una sanzione disciplinare ricevuta per essersi rifiutati di lavorare secondo le nuove modalità previste da un accordo aziendale, firmato da alcuni sindacati. In particolare, si trattava della modalità "Agente solo", che prevede la presenza di un solo operatore sul treno.
I tre lavoratori erano iscritti o simpatizzavano per un sindacato che non aveva firmato l’accordo e hanno sostenuto che per loro quell'intesa non fosse vincolante. Inoltre, hanno evidenziato che la modalità di lavoro imposta poteva mettere a rischio la sicurezza sia dei lavoratori che dei passeggeri.
In appello, le sanzioni disciplinari sono state annullate, e l’azienda è stata condannata a restituire eventuali somme trattenute ai lavoratori.
La Corte di Cassazione, confermando questa decisione, ha chiarito che i lavoratori iscritti a un sindacato dissenziente non possono essere obbligati a seguire un accordo aziendale firmato da altri sindacati.
Inoltre, la Corte ha stabilito che un lavoratore non può essere punito disciplinarmente se rifiuta di eseguire un ordine che potrebbe portare alla violazione di norme di sicurezza o di leggi penali. Questo principio si applica anche quando il datore di lavoro non garantisce le condizioni di sicurezza previste dalla legge (art. 2087 del Codice Civile). In questi casi, il lavoratore ha il diritto di rifiutarsi di lavorare senza subire conseguenze negative, mantenendo comunque il diritto alla retribuzione.
Infine, la Corte ha affermato che il rifiuto dei macchinisti di operare con la modalità "Agente solo" non viola il Contratto Collettivo Nazionale del settore ferroviario, poiché era basato su ragioni di sicurezza. È sufficiente che il lavoratore segnali un potenziale rischio per la sicurezza affinché il suo rifiuto sia considerato legittimo.