Il digitale è la benzina per le Pmi, chi non è online è fuori dal mercato
Le Pmi devono guardare al digitale. Occorre dire addio ai vecchi siti web, magari in aggiornamento da anni, e iniziare a valorizzare seriamente il proprio brand. Anche una piccola azienda può farlo, basta sapere come.
Si pensi che un utilizzo strategico e costante dei social network nelle Pmi, riferisce una recente analisi, potrebbe produrre più di 200mila posti di lavoro e incrementare del 20% i ricavi aziendali. Social che hanno dimostrato il loro potenziale anche nel 2020, in piena pandemia, consentendo alle imprese di mantenere fino al 60% degli introiti. Un incremento dei ricavi legato anche, per quelle realtà che hanno valorizzato i propri canali digitali, a un aumento del 30% della clientela. Non solo: i social hanno consentito alle piccole e medie imprese di, attraverso la visibilità, aumentare i follower del 40% ma anche le visite presso gli store fisici del 50%. Dal virtuale al reale.
Perché occorre essere presenti sui canali digitali? Ne abbiamo parlato con la professoressa Daniela Corsaro, docente di Marketing alla Iulm e Direttore del Centro di Ricerca sul Marketing e la Comunicazione di Vendita per i Mercati Internazionali (Center for International Marketing & Sales Communication – CIMASC), che ha condotto uno studio dedicato alle piccole e medie imprese.
- Il B2B non basta più: pensare di sopravvivere solo attraverso le relazioni con i venditori è sbagliato. Serve un cambio di paradigma.
- Il processo di vendita è mutato, occorre dimenticare una visione “prodotto-centrica”: o il prodotto ha caratteristiche davvero uniche, cosa rara, oppure ci si trova alle prese con prodotti simili tra loro sul mercato. Bisogna quindi lavorare sul proprio marchio per emergere.
- L'advertising tradizionale sta scricchiolando. Differenziale le strategie di valorizzazione del brand è necessario.
- Essere digital vuol dire anche essere attrattivi per i talenti. Un’azienda con un sito non aggiornato e senza canali social si pone subito fuori dall’orizzonte di attenzione dei giovani.
- La comunicazione digitale è anche un veicolo di sviluppo della propria reputazione, che ha un impatto diretto sulle vendite. Comunicare vuol dire porre le basi per il business.
- Al cliente non interessa la dimensione dell’impresa, anzi le Pmi possono lanciare messaggi, lavorando sul territorio, in grado di intercettare il cuore della comunità.
- Il digitale richiede capacità di adattamento, che per le Pmi è, o dovrebbe essere, un elemento di forza. Eppure, oggi, le realtà più piccole hanno perso la loro agilità, faticano ad aprirsi all’esterno e a cercare il nuovo. In un contesto che continua a muoversi, non esserci rappresenta una grande opportunità mancata.
- La sostenibilità non è più solo quella ambientale, è anche legata a ciò che un’azienda fa per il proprio territorio: questi valori devono essere raccontati, altrimenti lo farà qualcun altro.
- Un'analisi evidenzia che una crescita del 77% nella quota delle Omi che usano i social potrebbe portare un incremento di 10 miliardi di euro al Pil. Denaro reale.
- La formazione digitale dei dipendenti crea cultura aziendale, un fattore oggi determinante.
- Avere un buon sito internet non è sufficiente: il sito va ben indicizzato e deve essere veloce e facilmente fruibile.
- Lavorare sui contenuti, che sono il nuovo canale relazionale. Cercare relazioni vuol dire produrre engagement, coinvolgimento.
- Essere pronti a rispondere in tempo reale alle richieste degli utenti, che sono o possono diventare clienti. Non basta rispondere al telefono, bisogna saper fornire le risposte giuste anche a chi contatta l’azienda tramite chat e servizi di messaggistica.
- Sfruttare il potere del visual: non bisogna porsi dei limiti. Anche un’azienda meccanica può studiare una strategia per raccontarsi tramite le immagini.
- Attivare, nei limiti del possibile, tutti i canali: anche una piccola impresa che non può avere al suo interno un professionista digital può sfruttare sistemi di marketing automation pensati proprio per le piccole imprese. Dal sito all’e-commerce fino alle newsletter: questi sistemi permettono di realizzare un’integrazione coerente.
- Essere agili, pronti a rispondere alle nuove sfide, mettendo al centro i propri clienti e guardando con attenzione agli stakeholder.
- Investire sugli aspetti emozionali. Anche un macchinario produce valore, ad esempio perché grazie a esso nascono prodotti d’eccellenza. Dal progetto alla creazione: questa può essere narrazione.
- Puntare sui social network. LinkedIn è uno strumento efficace, ma per lavorare sul brand bisogna attivarsi a tutti i livelli, iniziare a creare awareness anche nei canali che oggi possono essere più consumer.
- Sperimentare forme innovative di comunicazione, come la creazione di un docu-film, da cui possono poi essere estrapolati video, immagini, parole. Anche questo è pensare agile.
- Lavorare non per spingere, ma per attrarre. Non esiste una formula magica, ma piuttosto una strategia produttiva e pensata su misura. Far conoscere il proprio brand vuol dire lavorare anche sulla componente intangibile: va fatto oggi, domani potrebbe essere tardi.