Investimenti digitali, sostenibilità e PNRR: il 2023 sarà l’anno delle nuove PMI

Investimenti digitali, che in questi ultimi anni hanno spesso trovato compimento attraverso gli incentivi 4.0, sostenibilità e Pnrr. Temi caldi, caldissimi, che saranno al centro del dibattito e soprattutto delle azioni che istituzioni e aziende dovranno intraprendere nel corso del 2023. Tutto ciò in un contesto, lo riferisce una recente analisi del Politecnico di Milano, in cui il budget Ict delle imprese crescerà del 2,1% su base annua, dopo il +4% del 2022. Uno studio che fornisce diversi spunti di riflessione.
- Il percorso, per le Pmi, è tutt’altro che scontato, se si considera che solo il 29% di queste nell’anno che va a concludersi ha definito approcci strutturati o ruoli per rispondere a obiettivi di sostenibilità, contro il 60% delle grandi imprese.
- Il 23% delle Pmi ancora non persegue in modo specifico obiettivi di sostenibilità.
- Da evidenziare però che nel 2023 il 43% delle grandi o grandissime imprese e sempre il 43% delle Pmi aumenteranno i budget per le tecnologie digitali.
- Nel corso di quest’anno - sottolinea ancora il Politecnico - «sono entrate nel vivo anche le prime azioni concrete di attuazione del Pnrr, che al suo interno prevede importanti investimenti nell’area della digitalizzazione. Dalla ricerca emerge come il 69% delle grandi imprese e il 60% delle Pmi ritengano che il Pnrr contenga provvedimenti utili per supportare il Paese».
Dagli incentivi 4.0, su cui molto è stato detto con riferimento alla Manovra del Governo, che ha iniziato l’iter alla Camera, fino al già citato Pnrr, il dibattito è serrato. Le misure di sostegno alla digitalizzazione hanno dimostrato la loro validità, e i possibili tagli previsti per il 2023 hanno suscitato non poche perplessità. Ma grande attenzione sarà rivolta verso i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, miliardi di euro che giungeranno nel nostro Paese.
In quale contesto tutto ciò si svilupperà? Questo il punto della situazione, grazie al contributo di Filippo Boschi, responsabile dei progetti di innovazione, ricerca industriale e sviluppo sperimentale di Made, il Competence Center Industria 4.0 guidato dal Politecnico di Milano e supportato dal Mise.
- «Si attende una risposta da parte del Governo - sottolinea Boschi, già collaboratore del Mise - ma c’è un certo ottimismo su una potenziale conferma delle percentuali di sostegno già fissate, anche se per alcune di queste era prevista una riduzione nel 2023. Stiamo vivendo un momento particolarmente complesso, una fase in cui Governo e istituzioni sono consapevoli che il supporto alle imprese, anche tramite finanziamenti, è fondamentale per lo sviluppo tecnologico delle aziende, che grazie alla digitalizzazione possono mantenersi competitive sul mercato, supportando la crescita della produttività del sistema Paese, quindi l’occupazione, favorendo un miglioramento complessivo dell’economia italiana».
- Il piano Transizione 4.0 è nato con riferimento alla digitalizzazione, quindi: connettività, integrazione, interconnessione e sensorizzazione delle macchine. In questo momento è immaginabile un’attenzione anche sul fronte della sostenibilità. Le tecnologie digitali sono infatti in grado di massimizzare l’efficienza permettendo di ridurre i consumi e minimizzare gli scarti, fino a supportare il concetto di economia circolare.
- Il piano è nato a partire da un allegato «che prevedeva alcune tipologie di attrezzature tipiche di una serie definita di settori industriali». Ciò che il ministero ha fatto in questi anni, e che probabilmente continuerà a fare – afferma Boschi - «è allargare il campo di riferimento per intercettare un numero sempre maggiore di attrezzature, quindi comparti e far sì che vi sia un impatto multisettoriale».
- Capitolo Pnrr. Sono due i fronti caldi secondo l’esperto: «Il primo riguarda il fatto che ci sono risorse destinate all’Italia che potrebbero essere allocate o comunque gestite a sostegno del piano Transizione 4.0. Queste risorse verrebbero assegnate in continuità con quanto già realizzato, a conferma del buon lavoro svolto fino a oggi. In secondo luogo, ci sono fondi destinati a progetti di innovazione e di trasferimento tecnologico (e non destinati agli investimenti). Il 2023 è l’anno in cui verranno stanziate risorse il Mimit identificherà un modello di allocazione dei fondi tale per cui saranno favorite quelle aziende in grado di realizzare progetti con attori dell’ecosistema di innovazione italiano».
Qualche numero sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, con riferimento al ruolo delle Pmi:
- 40 miliardi di euro sono destinati alla transizione digitale
- 60 miliardi serviranno a sostenere la transizione ecologica
- 25 miliardi riguardano mobilità e infrastrutture
- Una quota di 1,2 miliardi è stata riservata direttamente alle Pmi attraverso il Fondo 394, gestito dalla società Simest in convenzione con il ministero degli Affari Esteri.
- I fondi gestiti da Simest saranno divisi in tre tipologie: “Transizione digitale ed ecologica”, “Sviluppo del commercio elettronico”, Partecipazione delle Pmi a fiere e mostre internazionali”. Una quota, fino a un massimo del 25%, sarà assegnata a fondo perduto, il resto con una tassazione agevolata dello 0,055%.
- Un ulteriore miliardo riguarderà il Piano nazionale borghi, che sosterrà lo sviluppo delle zone più in difficoltà, puntando su rilancio turistico e culturale. Le Pmi, su questo fronte, avranno un ruolo determinante.