Manufatti intelligenti in impianti smart: il futuro delle Pmi 4.0 è già scritto, ed è sostenibile

A confronto con uno dei padri di Industria 4.0, Marco Taisch, presidente del MADE

 
innovazione digitalizzazione (1)

Avanti lungo la strada tracciata da Industria 4.0, che oggi si inserisce sempre più, e ne diviene parte in maniera ancor più inscindibile, in un percorso verso la sostenibilità che pare inarrestabile.

Parlare di Industria 4.0 non rappresenta più una novità: tante aziende si sono attrezzate e continuano a farlo anche alla luce dei fondi disponibili. Qual è il prossimo passo? A fornire una lettura chiara è Marco Taisch, presidente del MADE, il Competence Center Industria 4.0 del Politecnico di Milano: «La direzione è una sola. Le imprese devono continuare a investire in digitalizzazione, per rendere i loro processi e i loro prodotti sempre più smart. Si tratta quindi di proseguire con la realizzazione di manufatti intelligenti all’interno di impianti a loro volta intelligenti. Oggi il dato è un elemento fondamentale». Se crei un prodotto intelligente, in sostanza, puoi interagire con esso mentre viene utilizzato dal consumatore, e se disponi di macchine connesse puoi meglio comprendere cosa stia accadendo.

La direzione è tracciata

«Se ci chiediamo quindi dove deve andare oggi Industria 4.0, io rispondo in maniera chiara: nella stessa direzione. Però - avvisa Taisch - dobbiamo diventare più ambiziosi di prima: se in precedenza abbiamo detto che Industria 4.0 vuol dire rendere più efficienti processi e fabbriche e di conseguenza consente un aumento della produttività, cosa che era vera e che continua a esserlo, ora possiamo aggiungere che grazie al digitale è possibile creare delle fabbriche che saranno più sostenibili». Il che vuol dire:

  • meno consumi di energia;
  • impatti ambientali inferiori;
  • riuscire a intercettare le nuove esigenze del consumatore di oggi.
Cresce la richiesta green

È su quest’ultimo punto che Taisch si sofferma con attenzione: «Il consumatore richiede sempre di più prodotti che vadano verso la sostenibilità, un’esigenza che c’era anche prima ma che era più latente, legata a poche persone. La massa pensava ad altro». Una tendenza che si è invertita: «Parliamo di un cambio di prospettiva legato anche a una questione culturale, ci sono cittadini maturi che stanno mutando i propri comportamenti perché hanno capito che devono farlo. E accanto a loro stanno arrivando i giovani, che sono nativi sostenibili oltre che nativi digitali. I ragazzi non si pongono dubbi su quale sia il percorso da intraprendere: per loro green e sostenibilità rappresentano la via maestra». E considerato – prosegue l’esperto - «che per una semplice questione anagrafica questa fetta di popolazione continuerà a crescere, le aziende devono pensare che non potranno più fare a meno di mettere sul mercato prodotti sostenibili».

L’impatto sul business del digitale

Per seguire la strada verso la sostenibilità è quindi necessario avere prodotti smart che possano raccogliere dati e informare circa il loro impatto ambientale: «Servono prodotti di classe A realizzati in aziende di classe A. Ed ecco che il digitale allarga il suo impatto sul business: da semplice elemento fautore di un aumento di produttività, diviene elemento che abilità la sostenibilità».

I fondi a sostegno della transizione ecologica 

È notizia recente la possibilità, da parte di startup e Pmi, di accedere a due fondi di venture capital di 550 milioni di euro: il “Green transition fund” e il “Digital transition fund”. Un budget, quello messo a disposizione dal Mimit (Ministero delle imprese e del made in Italy) che finanzia quindi i processi di innovazione e transizione digitale attraverso l’attivazione di capitali di rischio e impegnando risorse europee che rientrano nel Pnrr. «Il Governo – analizza Taisch – è stato evidentemente ben consigliato e sta procedendo lungo una direzione chiara, così come tutta la Commissione Europea. Come Italia stiamo facendo la nostra parte, è un effetto trascinamento che credo inarrestabile». I fondi qui menzionati, in chiusura, possono essere così riassunti:

  • i progetti relativi alla transizione verde prevedono l’uso di energia rinnovabile, efficienza energetica, economia circolare e mobilità sostenibile;
  • i progetti legati alla transizione digitale hanno a che vedere con comparti come l’Industria 4.0, la cybersicurezza, la blockchain e l’intelligenza artificiale;
  • i fondi saranno gestiti da Cdp Venture capital Sgr, in attuazione del decreto ministeriale pubblicato in Gazzetta ufficiale nel maggio del 2022;
  • gli interventi ammissibili dovranno rispettare una serie di requisiti, tra cui un periodo di investimento che non sia superiore a cinque anni, seguiti da un altro lustro di gestione del portafoglio.

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