Contratti domestici e internazionali: l'impatto dell'emergenza Covid e i rimedi contrattuali preesistenti
Cosa fare per individuare e ridurre l’impatto dell’emergenza sui contratti? Esploriamo l'argomento con il contributo dello Studio Legale Longhini che ha già fornito importanti chiarimenti relativi alla “clausola di forza maggiore” nei contratti domestici e internazionali.
I rimedi contrattuali preesistenti
Occorre verificare quali siano le soluzioni alternative che l’ordinamento domestico mette a disposizione e che possano individuarsi – pur non essendo alcuno di questi perfettamente calzante – in una situazione come l’attuale. In presenza di un rapporto di durata con prestazioni corrispettive con il quale una parte cede o mette a disposizione dell’altra un bene mobile od immobile (ad esempio locazione, noleggio, leasing, etc.) ovvero presta dei servizi, si possono immaginare una serie di rimedi – alcuni drastici e soppressivi del rapporto, altri conservativi – messi a disposizione del contraente che non è più in grado di offrire la propria prestazione.
In termini generali (da applicarsi però a seconda della natura del contratto) essi possono essere:
- Recesso con preavviso semestrale ex art. 27 legge 392/1978. In ambito di locazioni, ed in presenza di gravi motivi, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, il conduttore può sempre recedere dal contratto. Questa soluzione, peraltro, nel contesto attuale è scarsamente interessante, perché determina il venir meno del rapporto, necessita di un lungo preavviso e non esonera nel frattempo il conduttore dal pagamento del canone contrattuale;
- Riduzione della prestazione per impossibilità parziale ex art. 1464 c.c... Questo rimedio presuppone che il contraente abbia violato (tendenzialmente non per sua colpa, ma vi è chi include anche l’inadempimento colpevole) l’obbligo di consegnare e mantenere il bene in condizione da poter essere utilizzato; in questo caso l’altro contraente può accettare la prestazione ridotta e conseguentemente ridurre anche la propria controprestazione, avendo comunque la possibilità di recedere dal contratto qualora non avesse un interesse apprezzabile all’esecuzione parziale. Questa soluzione è da un lato rischiosa perché rimette la scelta alla valutazione soggettiva della parte non inadempiente, dall’altro è di difficile utilizzabilità in quanto la situazione attuale, che determina l’impossibilità della prestazione (totale o parziale), è in realtà transitoria e non definitiva (come invece l’idea stessa di impossibilità evoca);
- Risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.; con questo rimedio si può chiede la risoluzione del rapporto evitando di dover applicare i mesi di preavviso, quando si sono verificati avvenimenti straordinari ed imprevedibili che rendono la prestazione di una parte eccessivamente onerosa (in base non alle condizioni soggettive ma alle circostanze del caso ed in aderenza alla coscienza sociale del momento). La “minaccia” di utilizzo di questo rimedio potrebbe essere utile a stimolare la controparte a modificare le condizioni del contratto, in quanto viene fatta salva la possibilità di variare equamente le condizioni. Essa assomiglia pallidamente alla clausola di hardship tipica dei contratti internazionali, che determina peraltro, contrariamente al rimedio domestico, in senso proattivo un vero e proprio obbligo per le parti di rivedere gli obblighi contrattuali in un’ottica di salvezza del contratto.
- Adempimento parziale per impossibilità parziale di rendere la prestazione dovuta, ai sensi dell’art. 1258 c.c.; invocando questa norma il debitore si libera semplicemente dell’obbligazione eseguendo la prestazione per la parte che è rimasta possibile. Il problema è che si deve trattare di una impossibilità assoluta, derivante ad esempio da un blocco dell’attività in quanto l’azienda è inserita in una zona rossa ovvero interessata da un provvedimento di chiusura totale e di impossibilità di spostamento (factum principis).
- Non imputabilità del ritardo ovvero estinzione dell’obbligazione per impossibilità temporanea ex art. 1256 c.c. invocando questa disposizione, peraltro si fanno solo salvi gli effetti di un inadempimento tardivo (ovvero si evita di pagare interessi ed il rischio di rimedi giudiziali) ma una volta finita l’emergenza, il debitore sarò tenuto a corrispondere quanto non pagato in precedenza. Solo nel caso in cui l’impossibilità perduri al punto da rendere la prestazione a) non più interessante per il creditore, ovvero b) non più esigile dal debitore (in base al titolo dell’obbligazione o alla natura dell’oggetto), allora l’obbligazione si estingue definitivamente.
(contributo a cura dello Studio Legale Longhini – Milano)