Contratto di apprendistato: legittimo il Patto di stabilità
Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 1646/2024, considera legittima la clausola acclusa al contratto di apprendistato professionalizzante con cui il lavoratore si obbliga a risarcire il datore di lavoro in caso di dimissioni durante il periodo formativo (cosiddetto Patto di stabilità).
Nella fattispecie in esame un lavoratore aveva sottoscritto un contratto di apprendistato professionalizzante volto al conseguimento della figura professionale di Operatore Specializzato, Livello D, Posizione retributiva D3 ai sensi del CCNL della Mobilità/Area Contrattuale Attività Ferroviarie al termine di un percorso di 36 mesi.
Nel contratto era stato previsto quanto segue: “durante il periodo formativo le parti potranno recedere dal contratto solo per giusta causa o giustificato motivo, fermo restando, in quest'ultimo caso, il rispetto dei termini di preavviso...” e“...nel caso di dimissioni prive di giusta causa o giustificato motivo, fermo restando, in quest'ultimo caso, il rispetto dei termini di preavviso, Le sarà trattenuta una somma pari alla retribuzione corrisposta per ogni giornata (1/26 dell'importo mensile) di formazione erogata fino al momento del recesso, calcolata sulle voci di cui ai precedenti punti A) Retribuzione fissa (comprensiva di 13° e mensilità) e B) Retribuzione variabile..”.
Mentre era in corso il periodo di formazione, il lavoratore rassegnava le proprie dimissioni e la società agiva giudizialmente affinché restituisse le spese sostenute per l’erogazione nei suoi confronti di n. 125 giornate di formazione.
Il lavoratore, nel costituirsi in giudizio, eccepiva (i) l’illegittima della clausola di durata minima garantita del rapporto acclusa al contratto nonché della trattenuta ivi prevista e, in subordine, (ii) l’eccesiva onerosità della penale pattuita, della quale chiedeva la riduzione in via equitativa.
Il Tribunale adito ha sottolineato che - ferma la disciplina contrattuale delle condizioni del contratto di apprendistato fissate dal legislatore - l'ordinamento non pone nessun limite all’autonomia privata relativamente alla facoltà di recesso dal rapporto di lavoro subordinato attribuita al lavoratore.
Si è, infatti, in presenza di una clausola di durata minima correlata ad un diritto potestativo disponibile per cui il datore di lavoro che lamenti il mancato rispetto del periodo minimo di durata può chiedere al lavoratore il risarcimento del danno.
Ad avviso del Tribunale “la meritevolezza dell'interesse del datore di lavoro rispetto a siffatta clausola è rinvenibile nel dispendio economico sopportato per la formazione del dipendente al fine di destinarlo allo svolgimento delle mansioni e fruendo di una formazione dedicata”.
In sostanza, tale patto deve ritenersi legittimo quando l'imprenditore ha sostenuto un reale costo finalizzato alla formazione del lavoratore per poter beneficiare, per un periodo di tempo minimo ritenuto congruo, del bagaglio di conoscenze dallo stesso acquisito.
Nel caso di specie, il contratto sottoscritto dalle parti prevedeva espressamente che, in caso di recesso anticipato del lavoratore, i costi del corso di formazione sostenuti dalla società gli sarebbero stati addebitati per il loro mancato ammortamento. Ciò, senza implicare, ai fini dell'applicazione della penale, che la società avesse materialmente tratto un vantaggio economico dal conseguimento della “specifica formazione tecnica”.
Né, ad avviso del Tribunale, il lavoratore può contestare la congruità della spesa sostenuta per la formazione, poiché la scelta del tipo e del costo della formazione è rimessa all'esclusiva volontà dell'imprenditore. La scelta della formazione da impartire ai propri dipendenti e la scelta del soggetto ritenuto idoneo a tale scopo è, infatti, rimessa in via esclusiva, ex art. 41 Cost., all'autonomia dell'imprenditore e non sindacabile né dal lavoratore né in sede giudiziaria.
In ogni caso, la clausola penale non risulta eccessivamente onerosa, poiché la società non si è sostanzialmente mai potuta avvalere del contributo lavorativo effettivo del dipendente, che è stato impegnato interamente nella formazione.
In considerazione di quanto sopra esposto, il Tribunale ha accolto la domanda della società e condannato il lavoratore a rimborsarle le spese sostenute per la formazione erogata.