Corte di Cassazione: per il lavoro intermittente è sufficiente il requisito anagrafico

La Corte di Cassazione ha ribadito e confermato che il contratto di lavoro intermittente, ex art. 13 e ss. del D.Lgs. 81/2015, può essere validamente stipulato con un lavoratore che ha meno di 24 anni di età o più di 55 anni, a prescindere dalla natura delle prestazioni da eseguire.
Con Sentenza n. 1239/2019, la Corte di Appello di Milano, riformando parzialmente la pronuncia di primo grado, dichiarava l’illegittimità del contratto di lavoro intermittente stipulato tra una società e un lavoratore. In particolare, quest’ultimo aveva richiesto la conversione del suddetto contratto in contratto di lavoro a tempo determinato e pieno per mancanza del requisito anagrafico e sussistenza del solo elemento oggettivo.
I giudici di merito interpretavano l’articolo 13 del D.Lgs. 81/2015 ritenendo elementi costitutivi del rapporto di lavoro intermittente “sia il requisito oggettivo della discontinuità dell’attività e sia il requisito soggettivo dell’età”.
Avverso la sentenza della Corte di Appello, la società proponeva ricorso in cassazione fondato sulla violazione e falsa applicazione del richiamato articolo del D.Lgs. 81/2015.
La Suprema Corte di Cassazione, con Sentenza n. 22086 del 24 luglio 2023, ha osservato che la Corte territoriale ha erroneamente interpretato la disposizione di legge sul lavoro intermittente.
Tale tipologia contrattuale trova la propria fonte di disciplina negli articoli 13 e seguenti del D.Lgs. 81/2015.
In particolare, l’art. 15 del suddetto decreto, nel regolamentare i requisiti di forma del contratto, delinea due diverse ipotesi di lavoro intermittente: (i) la prima giustificata dalle attività discontinue della prestazione lavorativa individuate dalla contrattazione collettiva o, in mancanza, dai casi di utilizzo individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali (c.d. requisito oggettivo) e (ii) la seconda giustificata dall'età del lavoratore in quanto la stipula del contratto di lavoro intermittente è “in ogni caso” ammessa con soggetti che hanno meno di 24 anni, e fino a che ne compiono 25, e più di 55 anni (cosiddetto requisito soggettivo).
Tanto premesso, la Suprema Corte ha evidenziato che l’interpretazione richiamata era già stata fornita e fatta propria dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) con sentenza del 19 luglio 2017, C-143/2016 con la quale aveva dichiarato che l’articolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE nonché l’articolo 2, par. 2, lett a), e l’articolo 6, par. 1 della Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, “non ostano ad una normativa nazionale che autorizza un datore di lavoro a concludere un contratto di lavoro intermittente con un lavoratore che abbia meno di 25 anni, qualunque sia la natura delle prestazioni da eseguire, e a licenziare detto lavoratore al compimento del venticinquesimo anno di età”.
In conformità a tutto quanto precede, i giudici di legittimità hanno statuito che l’interpretazione della legge porta chiaramente a concludere che il presupposto dell'età è un requisito che non rappresenta un elemento costitutivo del contratto che concorre con il requisito oggettivo della natura della prestazione bensì rappresenta un'ipotesi ulteriore e autonoma per il ricorso al lavoro intermittente.