Disabilità e caregiving: due sentenze rafforzano i doveri dei datori di lavoro

Due importanti sentenze - una della Corte di Cassazione italiana e una della Corte di Giustizia dell’Unione Europea , pubblicate l'11 settembre 2025, offrono spunti concreti per una gestione più consapevole e inclusiva delle risorse umane, soprattutto in presenza di situazioni legate alla disabilità o all’assistenza familiare.
Con la sentenza n. 24994/2025, la Corte di Cassazione ha confermato che il licenziamento per inidoneità fisica sopravvenuta è legittimo solo se il datore di lavoro ha valutato e documentato l’impossibilità di ricollocare il lavoratore in mansioni compatibili.
Il datore di lavoro deve dimostrare di aver esplorato soluzioni organizzative alternative, anche temporanee o part-time, prima di procedere al recesso. È fondamentale il coinvolgimento del medico competente e l’aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR).
La valutazione deve essere individualizzata, non generica, e supportata da evidenze oggettive (es. organigramma, mansionario, vincoli produttivi).
Con la sentenza nella causa C-38/24, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che il divieto di discriminazione indiretta per disabilità si applica anche ai lavoratori che assistono familiari disabili (caregiver), in base al principio della discriminazione per associazione.
Il datore di lavoro è tenuto a valutare le richieste di accomodamento ragionevole (es. orari fissi, flessibilità, smart working) anche se il lavoratore non è disabile, ma assiste un familiare con disabilità grave. Il rifiuto deve essere motivato in modo oggettivo, dimostrando che l’accomodamento richiesto comporterebbe un onere sproporzionato per l’organizzazione.
La sentenza richiama i principi della Direttiva 2000/78/CE, della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità.
Le due pronunce delineano con maggiore precisione il ruolo del datore di lavoro nella gestione di situazioni che coinvolgono la disabilità e l’assistenza familiare. Non si tratta di obblighi nuovi, ma di un consolidamento giurisprudenziale che rende più chiaro cosa ci si aspetta concretamente dalle aziende.
In particolare, emerge la necessità di:
- formalizzare le valutazioni organizzative nei casi di inidoneità sopravvenuta, evitando approcci generici o non documentati;
- gestire le richieste di flessibilità legate alla condizione di caregiver con strumenti strutturati, che consentano di motivare le decisioni in modo oggettivo;
- integrare queste tematiche nella governance aziendale, coinvolgendo le funzioni competenti (HR, medico competente, consulente del lavoro) e aggiornando le policy interne.
Queste sentenze non impongono un cambiamento radicale, ma richiedono una maggiore consapevolezza e coerenza gestionale, in linea con i principi di inclusione e non discriminazione che sempre più permeano il diritto del lavoro.