Licenziamento per giustificato motivo oggettivo: concretezza ed effettività della ragione

Se la ragione addotta a fondamento di un licenziamento per soppressione della posizione è collegata ad una generica politica di riduzione dei costi, il datore di lavoro è tenuto a dimostrare che essa sia stata valutata nella sua concreta esistenza ed entità. A stabilirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31660 del 14 novembre 2023.
Nel caso in esame, un lavoratore, licenziato per soppressione della posizione ricoperta “nell’ambito di una politica programmatica” tesa “a ridurre anche i costi del lavoro”, impugnava giudizialmente il provvedimento espulsivo.
La Corte d’Appello, accertato il passivo di bilancio, considerava il licenziamento necessariamente connesso alla necessità di conseguire il risparmio di un determinato settore lavorativo.
La Corte di Cassazione, ribaltando la decisione di merito, ha ritenuto tale affermazione “tautologica ed ingiustificata”, non comprendendosi da quali elementi di giudizio la Corte d’Appello avesse ricavato che le esigenze di contrazione dei costi si sarebbero dovuti limitare ad un determinato settore lavorativo piuttosto che ad un altro.
Secondo la Corte di Cassazione, nel caso di specie, non risulta accertato che i costi da ridurre dovessero essere necessariamente quelli della posizione lavorativa rivestita dal lavoratore.
La Corte d’Appello aveva, peraltro, sostenuto di non poter in alcun modo sindacare la ragione addotta “in quanto qualsiasi risparmio di spesa, a prescindere dall’ammontare, sarebbe stato comunque in grado di giustificare il licenziamento e quindi la scelta del lavoratore”. Essa aveva rigettato anche le osservazioni del lavoratore relative alla mancata soppressione di un altro e più costoso posto di lavoro trattandosi, a suo avviso, di scelte datoriali insindacabili.
Sul punto, la Corte di Cassazione ritiene che i giudici di merito abbiano violato non solo le regole in materia di accertamento del necessario collegamento causale tra la ragione oggettiva addotta e la soppressione del posto di lavoro, ma anche quella dell’effettività della stessa.
Ad avviso della Corte di Cassazione, posto che si è ipotizzata una generale necessità di procedere ad una politica di contenimento dei costi, sarebbe stato necessario approfondire (ed è onere del datore di lavoro indicare) le ragioni per le quali la scelta è caduta su un determinato lavoratore, dovendosi prendere in considerazione altre posizioni di lavoro, tanto più se si tratta di ruolo comparabili.
Ciò, secondo la Corte di Cassazione, appare logico e coerente ai fini del controllo sul giustificato motivo oggettivo in cui la ragione organizzativa e/o produttiva collegata ad una politica dei costi deve essere valutata nella sua concreta esistenza ed entità, onde accertare l’effettività della scelta effettuata a valle con la soppressione dell’unico posto di lavoro. E questo non configura una indebita interferenza con la discrezionalità delle scelte datoriali, incidendo l’effettività della ragione economica comunque avanzata sulla stessa legittimità del recesso “non per un sindacato su di un presupposto in astratto estraneo alla fattispecie del giustificato motivo oggettivo, bensì per una valutazione in concreto sulla mancanza di veridicità o sulla pretestuosità della ragione addotta dall’imprenditore”.