Minimale contributivo: il giudice deve acquisire il CCNL per la determinazione

A dichiararlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 22907 del 19 agosto 2024

 
Cassazione

Ai fini della determinazione del minimale contributivo, il giudice deve esercitare, in primo ed in secondo grado, il proprio potere-dovere di integrazione probatoria ex officio e acquisire il CCNL, individuato dalla parte su cui grava l’onere della prova, indispensabile ad individuare la retribuzione parametro. A dichiararlo è la Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 22907 del 19 agosto 2024.

Nel caso in esame la Corte d’appello confermava la decisione di primo grado che in accoglimento del ricorso proposto da una società “annullava” l’avviso di addebito emesso dall’INPS ed avente ad oggetto il pagamento di Euro 666.042,24 a titolo di contributi, oltre somme aggiuntive e compensi di riscossione.

Secondo la Corte distrettuale l’onere di provare la sussistenza di un contratto leader, ai fini della determinazione del minimale contributivo, non applicato dalla parte datoriale, spettava all’INPS che non aveva prodotto all’atto della costituzione in giudizio i contratti collettivi in base ai quali gli ispettori avevano formulato i rilievi.

L’INPS, solo con le note conclusive in primo grado e poi in appello, aveva prodotto il CCNL che sosteneva essere stato sottoscritto dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ossia il CCNL Logistica, Trasporto, Merci e Spedizione del 2005 (poi aggiornato nella parte economica). Pertanto, la produzione era tardiva, trattandosi di una fonte collettiva di natura privatistica.

L’Inps proponeva ricorso contro la decisione di merito, eccependo che:

  • il CCNL prodotto era stato siglato dalle “Centrali cooperative” e da Filt Cgil, Fit Cisl e Ultrasporti ed era stato individuato dal Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali quale CCNL stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nel settore merceologico di appartenenza della parte datoriale;
  • detta decisione non aveva considerato il carattere indispensabile della fonte collettiva, comunque, prodotta contestualmente all’atto di appello e necessaria a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi.

Resisteva, con controricorso, la società.

La posizione della Corte di Cassazione
 

La Corte di Cassazione, nel formulare la sua decisione, richiama le Sezioni Unite secondo le quali il deposito di atti in un momento successivo al deposito della memoria di costituzione non è un elemento di per sé ostativo alla relativa acquisizione se la produzione abbia ad oggetto circostanze decisive e allegate negli atti introduttivi.

Ne deriva che nel giudizio di appello il deposito di atti non prodotti tempestivamente non, è quindi, precluso in via assoluta; il giudice può sempre ammetterli se ritenuti rilevanti ai fini della decisione.

Ciò detto, la Corte di Cassazione entra nel merito della vicenda, individuando la res litigiosa nell’individuazione della retribuzione come parametro per il calcolo del minimale contributivo e, in via di derivazione, del debito contributivo controverso.

Per la determinazione della retribuzione rileva il contratto leader, ossia il contratto negoziato dalle organizzazioni e dalle associazioni comparativamente più rappresentative. E l’INPS - su cui grava l’onere di provare la fonte collettiva dell’obbligazione contributiva - ha prodotto, seppur tardivamente, il CCNL c.d. “trainante” che, in sede ispettiva, era stato utilizzato per la determinazione della somma indicata nell’avviso di addebito.

Secondo la Corte di Cassazione, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare la decisività del CCNL indicato dall’Ente previdenziale e non fermarsi al giudizio di tardività della produzione. Decisività che deve ritenersi implicitamente accertata, se il rigetto dell’appello è conseguito proprio al difetto della fonte collettiva sulla cui base il credito contributivo è stato calcolato.

In altri termini, i giudici di merito avrebbero dovuto verificare la sussistenza o meno del credito contributivo contestato e la fonte contrattuale rappresenta il documento che può dissipare la controversia. Pertanto, essi, a fronte di una richiesta specifica di acquisizione del CCNL, avrebbero dovuto valutare l’idoneità risolutiva dei fatti e non limitarsi ad un giudizio di tardività della produzione.

Ai fini della determinazione del minimale contributivo, il giudice deve esercitare, in primo ed in secondo grado, il proprio potere-dovere di integrazione probatoria ex officio e acquisire il CCNL, individuato dalla parte su cui grava l’onere della prova, indispensabile ad individuare la retribuzione parametro.

In conclusione, per la Corte di Cassazione la sentenza impugnata va cassata e rinviata alla Corte d’Appello in diversa composizione.


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