Premio di risultato: i permessi 104 devono essere equiparati ai congedi di maternità
Le assenze effettuate ai sensi della Legge 104/1992 devono essere computate ai fini del calcolo del Premio di Risultato in modo analogo ai congedi di maternità. A dichiaralo è il Tribunale di Catania, con la sentenza del 29 maggio 2023.
Il caso trae origine dal ricorso presentato da una lavoratrice affinché venisse accertato il suo diritto, nel quadriennio 2017/2020, al Premio di Risultato (“PdR”) per essere state le sue assenze fruite per permessi ex Legge 104/1992 erroneamente equiparate ad assenze dal lavoro.
La lavoratrice, a sostegno della sua tesi, evidenziava di essere stata assunta a tempo indeterminato, con mansioni di centralinista e di essere portatrice di handicap in situazione di gravità ai sensi dell’art. 3 della Legge 104/1992, per la quale aveva il diritto di fruire di 3 giorni di permesso retribuito.
La lavoratrice, altresì, lamentava che:
- con accordo sindacale erano state determinate le modalità di attribuzione del PdR, riconosciuto interamente o con decurtazione in relazione al numero di giornate di assenza di ciascun lavoratore;
- i tre giorni mensili di permesso ex L. 104/1992 erano stati erroneamente considerati come assenze dal lavoro, determinando la sua esclusione dalla percezione del Premio di Risultato. Ciò in quanto, l’unica ipotesi eccezionale prevista dall’accordo sindacale in relazione al computo delle assenze riguardava il congedo di maternità.
Il Tribunale, nel formulare la sua decisione, parte proprio dalle previsioni dell’accordo sindacale secondo le quali “sono considerate presenza in servizio esclusivamente: ferie, riposi (domenicale, compenso riposo, riposo differito e festivo) e permessi sindacali retribuiti [...]”. Inoltre, “se il limite di 22 giornate viene superato esclusivamente a causa del “congedo di maternità” di cui al D.Lgs n.151/2001 o per un unico evento di malattia o infortunio sul lavoro con durata temporale superiore a 22 gg. e fino ad un massimo di 180 gg. consecutivi, verrà all’agente comunque assicurato un P.d.R. pari a quello previsto fino al 22° giorno di assenza”, ossia nella percentuale del 60%.
Pertanto, ad avviso del Tribunale, occorre verificare se dette previsioni possano considerarsi discriminatorie nella misura in cui non includono i permessi ex Legge 104/1992 fra le ipotesi eccezionali di assenza, implicando una loro qualificazione come assenze ordinarie.
Sul punto, il Tribunale condivide la posizione della Corte d’Appello di Torino che nella sentenza 212/2022, richiamando la Carta di Nizza, la direttiva comunitaria n. 2000/78, il D.Lgs. 216/2003 e un orientamento costante della Corte di Giustizia Europea, ha ritenuto illegittima la decurtazione di premi aziendali per i giorni di assenza ai lavoratori che fruivano dei permessi di cui alla legge 104/92.
Il Tribunale richiama anche un proprio precedente secondo cui esiste una correlazione tra i permessi retribuiti ex art. 33 L. 104/92 e la percezione di compensi incentivanti o premiali, con la conseguenza che il lavoratore, se beneficia dei tre giorni di permesso mensile per l'assistenza di un familiare affetto da handicap o in stato di grave infermità, ha il diritto di ottenere sia la normale retribuzione che i compensi di produttività (cfr. sentenza n. 20684/2016).
Oltretutto, evidenzia il Tribunale, la ratio del premio di risultato è quella di migliorare i risultati aziendali con il concorso del fattore lavoro ed è compito della contrattazione collettiva disciplinare i criteri per la sua erogazione. E, nel caso di specie detti criteri non sono correlati ad una specifica valutazione di produttività del lavoratore quanto piuttosto alla mera presenza al lavoro con la conseguenza che all’incrementare delle assenze decresce il PdR.
Si tratta, dunque, di criteri discriminatori nella misura in cui l’accordo sindacale ammette che chi usufruisce del congedo di maternità al superamento dei 22 giorni di assenza possa beneficiarne, anche se al 60%, e priva, invece, integralmente chi usufruisce dei giorni di permesso ex L. 104/1992. In entrambi i casi i lavoratori usufruiscono di permessi retribuiti per esigenze parimenti tutelate dalla legge e rispetto alle quali non si ravvisano significative ragioni di differenziazione di trattamento.
In conclusione, il Tribunale decide per l’accoglimento del ricorso presentato dalla lavoratrice, con conseguente ricalcolo del PdR per il periodo interessato.