Transizione 5.0 al rallentatore: cosa cambia?

Dopo alcuni mesi dall’avvio operativo, i risultati sono al di sotto delle aspettative

 
transizione esg

Il Piano Transizione 5.0, uno dei principali strumenti del PNRR per promuovere l’innovazione tecnologica e la sostenibilità nelle imprese italiane, sta affrontando una partenza lenta e complicata. Dopo alcuni mesi dall’avvio operativo (agosto 2024), i risultati sono al di sotto delle aspettative: solo 324 imprese hanno richiesto crediti d’imposta per un valore complessivo di 99,3 milioni di euro, pari all’1,6% dei 6,23 miliardi stanziati. Includendo i progetti in fase di bozza, si arriva a 480 aziende e 115,7 milioni di euro.

Questi numeri indicano un’adesione limitata rispetto agli obiettivi prefissati, segnalando che qualcosa non sta funzionando. Tuttavia, il Governo ha avviato una riflessione sulle cause di questa situazione e sta lavorando a modifiche significative per rilanciare il programma, rendendolo più attrattivo e accessibile.

Le criticità principali

Il rallentamento del Piano Transizione 5.0 è attribuibile a una serie di problematiche che ne stanno compromettendo la piena efficacia. Una delle maggiori criticità risiede nella burocrazia complessa, che impone procedure articolate e spesso difficili da comprendere, soprattutto per le piccole e medie imprese. Queste realtà, che rappresentano la colonna portante del tessuto produttivo italiano, spesso non dispongono delle risorse umane e finanziarie necessarie per affrontare iter amministrativi lunghi e articolati. Tale situazione genera un effetto deterrente, limitando la propensione a presentare progetti.

Un altro ostacolo significativo riguarda le incertezze normative. La mancanza di stabilità nelle regole e nei criteri di accesso ai benefici ha portato molte imprese a rimandare le decisioni di investimento. Il timore di vedere invalidati i propri progetti o di dover affrontare successivi adeguamenti ha creato un clima di sfiducia, con il risultato che molte aziende preferiscono attendere chiarimenti ufficiali prima di impegnarsi.

Infine, i controlli rigidi e i rallentamenti amministrativi rappresentano un ulteriore freno. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha evidenziato come l’eccessiva attenzione al rispetto delle regole formali abbia finito per scoraggiare l’adozione del Piano, privilegiando un approccio cauto da parte delle imprese. Questo rallentamento nell'erogazione dei crediti, unito ai vincoli stringenti sugli investimenti ammissibili, ha creato un collo di bottiglia che limita la possibilità di beneficiare dei fondi stanziati.

Le misure correttive allo studio

Per superare queste difficoltà e rilanciare il Piano Transizione 5.0, il Governo sta lavorando a un pacchetto di interventi che mira a rendere il programma più attrattivo e accessibile, stimolando così un’ampia partecipazione da parte delle imprese.

Tra le modifiche più significative in fase di valutazione figura l’aumento delle aliquote dei crediti d’imposta, con una possibile estensione fino al 60%. Questo intervento mira a rendere più vantaggioso per le imprese l’investimento in tecnologie avanzate e sostenibili, aumentando il ritorno economico percepito. In particolare, questa misura potrebbe risultare decisiva per le Pmi, che spesso vedono nelle basse aliquote uno scarso incentivo rispetto ai costi iniziali di avvio dei progetti.

Cruciale quindi la revisione dei tetti di investimento, pensata per rendere il Piano più flessibile e inclusivo. L’idea è quella di abbassare le soglie minime richieste per consentire anche ai progetti di dimensioni più contenute di beneficiare del sostegno. Parallelamente, si prevede un aumento dei massimali di spesa ammessi, così da incentivare anche i grandi investimenti strategici che possono avere un impatto significativo sulla transizione tecnologica e sostenibile del Paese.

Un’ulteriore proposta allo studio è quella di favorire il cumulo degli incentivi, consentendo alle imprese di combinare i crediti del Piano 5.0 con altri benefici già esistenti, come quelli previsti per le Zone Economiche Speciali del Mezzogiorno. Questo approccio potrebbe aumentare la competitività delle imprese operanti nelle regioni meno sviluppate, offrendo loro una leva finanziaria maggiore per avviare progetti di transizione tecnologica.

Infine, si sta valutando una semplificazione complessiva dell’iter burocratico per l’accesso ai benefici. L’obiettivo è ridurre al minimo gli oneri amministrativi, eliminando passaggi superflui e garantendo maggiore chiarezza nei requisiti e nei processi di controllo. Questa misura non solo ridurrebbe i tempi di attesa per l’erogazione dei fondi, ma creerebbe anche un ambiente più favorevole agli investimenti, migliorando la fiducia delle imprese nel sistema.

Il Piano Transizione 5.0 rappresenta, in ultima analisi, un’occasione importante per modernizzare il sistema produttivo italiano e guidare le imprese verso un futuro più digitale e sostenibile. Le misure correttive proposte dal Governo indicano, sulla carta, una volontà chiara di superare le attuali difficoltà e di rilanciare l’iniziativa, rendendola più inclusiva e attraente. Con il giusto mix di semplificazione e incentivi, l’auspicio è che il Piano possa tornare a essere il motore della competitività nazionale, contribuendo in maniera decisiva a raggiungere gli obiettivi previsti dal PNRR entro il 2025.

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