Retribuzione globale di fatto e indennità risarcitoria in caso di illegittimità del licenziamento
La Suprema Corte ha affermato che la retribuzione globale di fatto (indicata dall’art.18 Legge 300/1970 quale parametro dell’indennità risarcitoria in caso di illegittimità del licenziamento) è commisurata alla retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, ad eccezione dei compensi di cui non sia certa la percezione e quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione e aventi carattere eccezionale o occasionale.
In ragione del passaggio in giudicato della sentenza di illegittimità del licenziamento per giustificato motivo soggettivo irrogatole, la lavoratrice proponeva ricorso per ottenere l’inclusione dell’indennità di servizio estero nel computo delle retribuzioni di fatto riconosciutele. Il Tribunale prima e la Corte di Appello di Roma poi rigettavano la predetta domanda in quanto tale indennità non ha natura retributiva ma piuttosto indennitaria, poiché connessa alle particolari modalità della prestazione lavorativa resa all’estero.
Secondo l’ordinanza della Cassazione in esame, nel concetto di retribuzione globale di fatto devono essere ricompresi soltanto emolumenti di natura retributiva, con esclusione quindi di poste aventi carattere occasionale o eccezionale.
Più precisamente la Corte di Cassazione ha rilevato come la nozione di retribuzione globale di fatto, riconosciuta in caso di licenziamento illegittimo, non possa che rimandare a quella che il dipendente avrebbe ricevuto se avesse lavorato, con esclusione dei compensi eventuali di cui non sia certa la percezione, di quelli legati a particolari modalità di svolgimento della prestazione stessa ed aventi carattere occasionale o eccezionale.
Infatti, prosegue la Suprema Corte, il concetto di retribuzione globale di fatto rinvia al compenso che il lavoratore percepisce in conseguenza del normale svolgimento di una prestazione, senza che possano quindi essere valorizzate ulteriori indennità connesse, non all’attività lavorativa svolta, ma ad altri parametri (per esempio, rimborso per oneri di trasferimento) o emolumenti volti a compensare non la maggiore gravosità/difficoltà della prestazione ma differenti disagi (come quelli connessi al trasferimento, ai viaggi, alla locazione di un immobile nel nuovo luogo di lavoro, ecc.).
Secondo i Giudici di legittimità, quindi, in tale concetto non può rientrare l’indennità di servizio estero, la quale non ha natura retributiva, essendo finalizzata esclusivamente a sopperire agli oneri derivanti dalla permanenza nella sede straniera. Ne deriva il rigetto del ricorso proposto dalla lavoratrice.