Dimissioni valide solo attraverso procedura online
Ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 il rapporto di lavoro subordinato può essere risolto per dimissioni o per accordo consensuale delle parti solamente previa adozione di specifiche modalità formali (procedura telematica) oppure presso le sedi assistite, a pena di inefficacia dell'atto. A ribadirlo è la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 26 settembre 2023 n. 27331.
Nella fattispecie in esame, la Corte d’appello, confermando la sentenza di primo grado, accertava la legittimità delle dimissioni rese da un lavoratore, ritenendo sprovvista di prova la domanda dallo stesso proposta di accertamento di un provvedimento espulsivo del datore di lavoro.
Avverso tale pronuncia il lavoratore proponeva ricorso in cassazione a cui resisteva il datore di lavoro con controricorso.
Ad avviso della Corte di Cassazione, la Corte d’appello, nel formulare la sua decisione, ha richiamato la consolidata giurisprudenza di legittimità la quale - nella vigenza del criterio, dettato dall'articolo 2118 c.c., della libertà delle forme per il recesso del lavoratore - ha espresso un principio di diritto necessario per risolvere i profili di incertezza sulla effettiva causa di estinzione del rapporto di lavoro. Ciò, con particolare riguardo al criterio di riparto dell'onere probatorio ove, a fronte dell'intervenuta cessazione del rapporto di lavoro senza formalità scritte, una parte (il lavoratore) deduca un sopravvenuto provvedimento di espulsione dall'azienda e l'altra parte (il datore di lavoro) eccepisca l'intervenuta determinazione di dimissioni.
Ciò detto, il D.Lgs. 151/2016, all’art. 26, prevede, tra le altre, che “ (…) le dimissioni e la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro sono fatte, a pena di inefficacia, esclusivamente con modalità telematiche su appositi moduli resi disponibili dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali attraverso il sito (…) e trasmessi al datore di lavoro e alla Direzione territoriale del lavoro competente con le modalità individuate con il decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di cui al comma 3”.
Tale normativa, secondo la Corte di Cassazione, non altera la natura dell'atto di dimissioni come negozio unilaterale recettizio, ma richiede - ai fini dell'efficacia dell'atto - il rispetto di determinate forme (di natura telematica), salvo che le stesse (e la risoluzione consensuale) intervengano in sede assistita o avanti alla Commissione di certificazione.
Queste procedure mirano a soddisfare un duplice obiettivo: da un lato, conferire data certa alle dimissioni al fine di rendere impossibile il fenomeno delle dimissioni in bianco; dall'altro, fornire la garanzia che la volontà del lavoratore di risolvere il contratto di lavoro (espressa tramite le dimissioni o l'accordo di risoluzione consensuale) si sia formata e sia stata dal medesimo espressa liberamente e genuinamente, in assenza di qualunque costrizione esercitata dal datore di lavoro.
In questo contesto la Corte di Cassazione ha, quindi, espresso il seguente principio di diritto: ai sensi dell’art. 26 del D.Lgs. n. 151/2015 il rapporto di lavoro subordinato può essere risolto per dimissioni o per accordo consensuale delle parti solamente previa adozione di specifiche modalità formali oppure presso le sedi assistite, a pena di inefficacia dell'atto.
All’esito del giudizio, la Corte di Cassazione ha così accolto il ricorso e cassato la sentenza impugnata, rinviandola alla Corte d’appello in diversa composizione.