Valida la lettera di licenziamento inviata all’ultimo indirizzo comunicato all’azienda
La Corte di Cassazione, con Ordinanza n. 28171/2024, considera valida ed efficace la lettera di licenziamento inviata all’indirizzo comunicato dal dipendente al datore di lavoro all’atto dell’assunzione benché lo stesso, nel frattempo, abbia cambiato residenza senza informarlo.
Nel giungere a questa la conclusione, la Corte di Cassazione evidenzia come sul lavoratore grava l’obbligo di comunicare al datore di lavoro per iscritto le eventuali successive variazioni di residenza o domicilio. Detto obbligo risponde - oltre che ad una specifica obbligazione, la quale trae la propria fonte dal CCNL di settore - ad un principio di buona fede nel rapporto di lavoro.
Pertanto, “il licenziamento inviato all’indirizzo conosciuto è pienamente efficace, se effettuato entro i termini, operando la presunzione ex art. 1355 c.c.” (cfr. Cass. n. 22295/2017).
Si tratta di un principio che trova applicazione anche con riferimento alla lettera di contestazione, la quale si reputa conosciuta allorquando giunge all’indirizzo del dipendente, se quest’ultimo non abbia provveduto a comunicare il cambio di residenza (cfr. Cass. n. 20519/2019).
Tale presunzione, invece, non opera nel caso in cui il datore di lavoro venga a conoscenza dell’allontanamento del lavoratore dal domicilio e, dunque, del suo impedimento a prendere conoscenza della contestazione inviata (cfr. Cass. n. 4795/2023).
Precisa, altresì, la Corte di Cassazione che la presunzione di conoscenza del quale sia contestato il suo pervenire a destinazione, non è integrata dalla sola prova della spedizione della raccomandata, essendo necessaria, “attraverso l'avviso di ricevimento o l'attestazione di compiuta giacenza, la dimostrazione del perfezionamento del procedimento notificatorio” (cfr. Cass. n. 19232/2018). E la produzione in giudizio di un telegramma o di una lettera raccomandata, anche in mancanza dell'avviso di ricevimento costituisce prova certa della spedizione, attestata dall'ufficio postale attraverso la relativa ricevuta.
Ne consegue così “la presunzione dell’arrivo dell’atto al destinatario e della sua conoscenza ai sensi dell'art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze della suddetta spedizione e sull'ordinaria regolarità del servizio postale e telegrafico” (Cass. n. 511 del 2019).