Periodo di comporto: il datore di lavoro è tenuto a comunicare l'imminente superamento?

La precisazione della Cassazione, con l’ordinanza n. 113491 del 15 maggio 2024

 
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La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 113491 del 15 maggio 2024, ha osservato che il superamento del periodo di comporto costituisce un’autonoma fattispecie di recesso, regolata dall’art. 2110, comma 2, cod. civ., che conferisce al datore di lavoro il diritto di recedere dal contratto di lavoro “a norma dell’art. 2118 c.c.” quando la malattia del lavoratore si sia protratta oltre il periodo stabilito dalla legge, dal contratto collettivo o dagli usi.

Questa previsione:

  • prevale, quale disposizione speciale, sulla generale disciplina della risoluzione del rapporto di lavoro (legge n. 604 del 1966) nonché sulla disciplina in materia di impossibilità sopravvenuta della prestazione (artt. 1256 e 1464 cod.civ.) e
  • persegue la ratio di contemperare gli interessi confliggenti del datore di lavoro (a mantenere la produttività dell’azienda) e del lavoratore (a disporre di un congruo periodo di tempo per curarsi senza perdere i mezzi di sostentamento e l’occupazione).

Inoltre, la Corte di Cassazione evidenzia che il datore di lavoro, in assenza di qualsiasi obbligo previsto dalla contrattazione collettiva, non ha l’onere di avvertire preventivamente il lavoratore della imminente scadenza del periodo di comporto per malattia al fine di permettergli di esercitare eventualmente la facoltà di chiedere tempestivamente un periodo di aspettativa (come previsto dal contratto collettivo stesso).

In tal caso non rileva la mancata conoscenza, da parte del lavoratore, del limite c.d. esterno del comporto e della durata complessiva delle malattie e non costituisce violazione da parte del datore di lavoro dei principi di correttezza e buona fede nella esecuzione del contratto la mancata comunicazione al lavoratore dell'approssimarsi del superamento del periodo di comporto.

Diverso il caso in cui il CCNL di settore preveda espressamente l’obbligo per il datore di lavoro di preavvertire il lavoratore che il periodo di assenza (per malattia o infortunio) si sta avvicinando all’arco temporale massimo previsto per la conservazione del posto di lavoro.

In tal caso, il rinvio dell’art. 2110 cod. civ. alle previsioni del contratto collettivo consente di ritenere che “l’obbligo di comunicare l’approssimarsi della scadenza del periodo di comporto, conformi, al pari dell’arco temporale massimo di comporto, l’esercizio del potere di recesso del datore di lavoro, che può, pertanto, risolvere legittimamente il rapporto di lavoro nel rispetto delle condizioni dettate dalle parti sociali”. Ed il licenziamento intimato senza l’osservanza delle condizioni previste dal contratto collettivo (inclusa l’omessa comunicazione, obbligatoria, dell’imminente scadenza del periodo di comporto) determina la sua illegittimità con conseguente applicazione della tutela di cui all’art. 18, commi 4 e 7, della Legge n. 300/1970 (reintegrazione e risarcimento del danno contenuto nella misura massima di 12 mensilità).


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