Allergie da pollini e rischi occupazionali: un approccio per la prevenzione

Le allergie sono un problema sanitario globale, con un’incidenza in costante crescita. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il 30-40% della popolazione mondiale soffre di almeno una forma di allergia. Di particolare rilievo è il ruolo dell’ambiente di lavoro, che incide in maniera significativa sull’aumento delle patologie allergiche. Circa il 15-17% dei casi di allergie sono infatti legati all’esposizione professionale, con ripercussioni dirette sulla salute dei lavoratori e sulla produttività aziendale.
Le allergie professionali, tra cui asma e rinocongiuntivite allergica, possono ridurre l’efficienza lavorativa fino al 40%, incidendo anche sulla qualità della vita e sul benessere generale dei lavoratori. Per rispondere a questa crescente problematica, Inail ha pubblicato il manuale "Allergie da pollini: esposizione in ambito occupazionale", uno strumento completo e multidisciplinare per la gestione e la prevenzione delle allergie da pollini nei luoghi di lavoro.
Le allergie respiratorie possono essere scatenate da una serie di agenti esterni di natura biologica, chimica e fisica. Tra questi, i pollini sono considerati tra i principali allergeni aerodispersi, con un impatto significativo sulla salute umana. La loro diffusione è influenzata da numerosi fattori ambientali e climatici, tra cui:
- Cambiamento climatico - Le temperature in aumento prolungano la stagione di fioritura, aumentando la concentrazione di pollini nell’aria.
- Inquinamento atmosferico - Sostanze come il particolato (PM10 e PM2.5), il biossido di azoto (NO₂) e l’ozono (O₃) modificano la struttura del polline, rendendolo più aggressivo per il sistema immunitario.
- Meteorologia e stagionalità - Vento, umidità e precipitazioni influenzano la dispersione e la durata della permanenza dei pollini nell’aria.
- Urbanizzazione e trasporto aereo del polline - Le città, con le loro isole di calore urbane, possono alterare la concentrazione dei pollini, mentre fenomeni atmosferici estremi possono trasportare polline allergenico su lunghe distanze.
I lavoratori esposti a elevati livelli di polline possono manifestare diverse patologie allergiche, tra cui:
- rinite allergica (starnuti, congestione nasale, prurito e secrezioni nasali abbondanti),
- congiuntivite allergica (lacrimazione, prurito e rossore agli occhi),
- asma allergica, con episodi di difficoltà respiratoria e attacchi d’asma gravi,
- dermatiti allergiche, dovute al contatto con piante ad alto potenziale allergenico.
In ambito lavorativo, i settori maggiormente esposti includono agricoltura, giardinaggio, edilizia, lavorazione del legno e florovivaismo, ma anche operatori che lavorano in ambienti indoor scarsamente ventilati possono essere a rischio.
Per identificare il livello di esposizione ai pollini nei luoghi di lavoro, è necessario adottare metodi di monitoraggio specifici. Il manuale Inail propone diverse strategie di analisi, tra cui:
- questionari clinico-anamnestici, per raccogliere informazioni sulle condizioni di salute dei lavoratori e individuare possibili esposizioni allergeniche,
- test allergologici specifici, come prick test, test sierologici per IgE e test di provocazione, per confermare la sensibilizzazione ai pollini,
- monitoraggi aerobiologici, attraverso il metodo volumetrico Hirst, che permette di misurare la concentrazione dei pollini nell’aria,
- metodologie avanzate di analisi, come le tecnologie "omiche" e multiplex, capaci di identificare fino a 300 diversi allergeni contemporaneamente.
L’uso di campionatori aerobiologici in ambienti indoor e outdoor consente di valutare la presenza e la distribuzione dei pollini nei luoghi di lavoro. Il monitoraggio costante è fondamentale per:
- differenziare i livelli di esposizione tra giorni lavorativi e non lavorativi,
- correlare la concentrazione pollinica con le attività lavorative svolte,
- identificare le specie polliniche più allergeniche e il loro impatto sulla salute dei lavoratori.
L’attuale normativa sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro impone l’adozione di misure preventive per la protezione dei lavoratori esposti a rischi allergenici. Il D.Lgs. 81/08, noto come Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro, impone l’obbligo di:
- valutare il rischio di esposizione agli agenti biologici, inclusi i pollini,
- adottare misure di prevenzione per ridurre l’impatto delle allergie,
- garantire la sorveglianza sanitaria per i lavoratori allergici, al fine di monitorare eventuali aggravamenti delle condizioni di salute.
L’OMS e l’Unione Europea promuovono inoltre studi multi-espositivi per valutare gli effetti combinati tra inquinanti e allergeni aerodispersi, con l’obiettivo di migliorare le politiche di tutela della salute nei luoghi di lavoro.
Per ridurre i rischi legati all’allergia da pollini in ambito lavorativo, si possono adottare diverse strategie:
- Ventilazione e filtrazione dell’aria: Installare sistemi di filtrazione HEPA per ridurre la concentrazione di pollini negli ambienti indoor.
- Pianificazione delle attività lavorative: Evitare di svolgere mansioni all’aperto durante i periodi di alta concentrazione pollinica.
- Utilizzo di dispositivi di protezione individuale (DPI): Mascherine FFP2 o FFP3 per ridurre l’inalazione di allergeni.
- Formazione dei lavoratori: Sensibilizzare i dipendenti sui rischi legati ai pollini e sulle strategie di autoprotezione.
- Manutenzione degli spazi verdi aziendali: Preferire piante a basso impatto allergenico ed evitare specie altamente allergeniche nelle aree di lavoro.