Cambiamento climatico, salute mentale e digitale: il nuovo volto della sicurezza sul lavoro in Italia

L’evoluzione del lavoro in Europa sta cambiando profondamente la percezione e la gestione della sicurezza nei luoghi di lavoro. Secondo l’indagine OSH Pulse 2025 condotta dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro (EU-OSHA), le sfide emergenti sono tre: il cambiamento climatico, la salute mentale e la digitalizzazione.
L’indagine, realizzata su oltre 25.000 lavoratori dell’UE (di cui 1.015 in Italia), fotografa un contesto in cui gli effetti del clima, lo stress e l’uso crescente delle tecnologie digitali si intrecciano, ridefinendo il concetto stesso di prevenzione.
Nel nostro Paese, il 24% dei lavoratori dichiara di essere stato esposto a calore estremo negli ultimi dodici mesi (contro il 20% della media UE), mentre il 22% segnala problemi di qualità dell’aria. Le percentuali più alte si registrano nei settori che dipendono dal lavoro all’aperto, come agricoltura, costruzioni ed energia, ma anche in alcune attività produttive con ambienti interni surriscaldati.
Un dato significativo riguarda le malattie correlate al calore: il 12% dei lavoratori italiani afferma di averne sofferto (contro il 7% nella media europea), evidenziando una vulnerabilità maggiore rispetto agli altri Paesi dell’Unione.
Anche sul fronte delle misure preventive, l’Italia mostra luci e ombre: il 70% dei luoghi di lavoro ha introdotto soluzioni come pause regolari, orari adattati o dispositivi di protezione, ma solo il 30% offre formazione specifica o momenti di consultazione con i lavoratori.
Questo conferma che la pianificazione climatica del lavoro è ancora frammentaria e spesso reattiva, anziché strategica.
Preoccupano inoltre gli effetti psicologici del fenomeno: il 57% dei lavoratori italiani teme che il cambiamento climatico possa incidere sulla propria sicurezza e salute, e quasi uno su cinque teme che le misure di adattamento possano modificare o ridurre il proprio ruolo. È il segnale di una crescente eco-ansia occupazionale, che si intreccia con i temi della salute mentale e della stabilità lavorativa.
La dimensione psicologica del lavoro continua a rappresentare una criticità strutturale.
Il 40% dei lavoratori italiani segnala forti pressioni di tempo o sovraccarico di lavoro, e la stessa quota lamenta una mancanza di riconoscimento rispetto agli sforzi compiuti — valori superiori alla media europea.
Circa un lavoratore su tre riferisce problemi di stress, depressione o ansia legati al proprio impiego.
Il dato più preoccupante riguarda la percezione dello stigma: il 57% degli italiani ritiene che rivelare un disturbo mentale possa compromettere la carriera, dieci punti in più rispetto alla media UE. Allo stesso tempo, cresce la disponibilità al dialogo: il 40% dichiara che si sentirebbe a proprio agio nel parlarne con il proprio superiore.
Sul fronte delle politiche aziendali, emerge un forte divario dimensionale: il 66% delle grandi imprese offre informazioni o percorsi formativi sullo stress e il benessere, contro appena il 42% delle microimprese.
Un gap che evidenzia la necessità di strumenti di supporto psicologico e organizzativo anche per le PMI, oggi più esposte agli effetti cumulativi di carichi di lavoro elevati e ridotte risorse interne.
Il 73% dei lavoratori italiani utilizza tecnologie digitali nel proprio lavoro quotidiano, un dato in linea con la media europea. Tuttavia, l’Italia presenta una minore diffusione di strumenti avanzati (come intelligenza artificiale o dispositivi indossabili), ma una maggiore percezione di controllo.
Il 33% dei lavoratori ritiene di essere monitorato nelle proprie attività tramite sistemi digitali e il 31% afferma che la tecnologia definisce direttamente ritmi e modalità di lavoro.
Inoltre, il 49% segnala una riduzione della possibilità di prendere decisioni autonome e il 57% percepisce un calo della capacità di utilizzare appieno le proprie competenze.
Si tratta di segnali chiari: la digitalizzazione non è neutra e può amplificare lo stress, ridurre la motivazione e incidere sul senso di appartenenza se non accompagnata da processi partecipativi e trasparenti.
Una transizione da gestire, non da subire
L’indagine dell’EU-OSHA restituisce l’immagine di una forza lavoro europea sotto pressione, ma anche più consapevole dei nuovi rischi. L'obiettivo è tutelare la salute e la dignità dei lavoratori e affrontare con equilibrio la duplice transizione climatica e digitale, garantendo ambienti sicuri, inclusivi e innovativi. Una sfida che è anche un’opportunità: ripensare la sicurezza non solo come obbligo, ma come leva strategica di sostenibilità. Dall’adattamento microclimatico dei luoghi di lavoro ai piani di benessere aziendale, dall’introduzione responsabile delle tecnologie ai percorsi di formazione per i responsabili della sicurezza, ogni intervento contribuisce a creare valore e resilienza nel tempo.