Bonifiche da amianto: la guida INAIL su iter e istruzioni operative

Il documento redatto da INAIL nel 2020 "Bonifica da amianto: procedimenti e professionisti coinvolti" ha evidenziato che il ricorso al solo D.lgs 152/2006 (Norme in materia ambientale) e successive modifiche, "risulta insufficiente per garantire in modo adeguato la sicurezza durante le operazioni di bonifica e ripristino ambientale". Pertanto il documento sottolinea che, sia nella fase di progettazione che in quella esecutiva, "risulta essenziale fare riferimento anche alla specifica normativa settoriale emanata sia dal Ministero della Salute (per quanto riguarda principalmente le metodologie di bonifica e la formazione degli operatori, ecc.) che dal Ministero del Lavoro (per quanto riguarda principalmente la protezione dei lavoratori)".
Considerato che le operazioni di bonifica da amianto, quindi, "possono essere condotte in modo sicuro solo nel rispetto delle direttive indicate da numerose norme settoriali", riassumiamo alcune indicazioni sulle normative riguardanti la tutela dei lavoratori, la salute pubblica e la salvaguardia delle matrici ambientali aria, acqua e suolo.
Relativamente al contenuto del documento INAIL sulla bonifica da amianto, approfondiamo i punti relativi a sicurezza sul lavoro, tutela della salute pubblica, tutela dell'ambiente.
Il rapporto richiama il quadro normativo a partire dalla sicurezza nei luoghi di lavoro, facendo riferimento al Testo Unico D.lgs. 81/2008 e successive modifiche.
Si evidenzia che il modello di sicurezza delineato dal D.lgs. 81/2008 "non si focalizza esclusivamente sul Datore di Lavoro (DL) e sui titolari di posizioni di garanzia, ma si basa sul contributo di diverse figure professionali che ... contribuiscono al raggiungimento dell'obiettivo di rendere l'ambiente di lavoro più sicuro". Per quanto riguarda la tutela dal rischio amianto nei luoghi di lavoro, si fa specifico riferimento al Titolo IX, Capo III (Protezione dai rischi connessi all'esposizione all'amianto).
Il Testo Unico "prevede la verifica nel tempo del mantenimento dei livelli di tutela stabiliti dalla valutazione dei rischi aziendale, attraverso adeguate azioni di controllo e verifica". Tra queste azioni, si ritiene opportuno includere, secondo quanto stabilito nel Documento di valutazione dei rischi (DVR), "monitoraggi personali degli operatori esposti (utilizzo di pompe di prelievo a basso flusso, 2-3 l/min, preferibilmente con 480 litri campionati o, per operazioni di breve durata, il massimo volume campionabile durante l'intero intervento in cantiere, filtri in esteri misti di cellulosa da 25 o 47 mm, analisi in Microscopia ottica in contrasto di fase - Mocf)".
Si sottolinea inoltre che, come indicato nell'articolo 254, il "valore limite di esposizione per i lavoratori impegnati in attività di manutenzione, rimozione dell'amianto o dei materiali contenenti amianto, smaltimento e trattamento dei relativi rifiuti, nonché bonifica delle aree interessate, è fissato a 0,1 fibre per centimetro cubo di aria, misurato come media ponderata nel tempo su un periodo di otto ore". I datori di lavoro devono garantire che nessun lavoratore sia esposto a una concentrazione di amianto nell'aria superiore al valore limite.
Si rimanda inoltre alle novità introdotte dalla conversione del decreto-legge 21 ottobre 2021, n. 146, riguardanti la possibilità di sospendere le attività in caso di rischi legati all'amianto.
Per quanto riguarda la tutela della salute pubblica, si evidenzia che la legge n. 257/1992 e successive modifiche (Norme relative alla cessazione dell'uso dell'amianto) ha stabilito "diverse disposizioni normative e applicative volte, tra l'altro, a definire le modalità di censimento dei siti contenenti amianto, la valutazione del rischio specifico, la gestione dei manufatti contenenti amianto e l'attuazione delle operazioni di bonifica, ecc. In particolare, l'articolo 1, comma 2, ha consentito l'utilizzo di materiali contenenti amianto a scopo civile e industriale per due anni dalla data di entrata in vigore della Legge". Tuttavia, a seguito di varie proroghe e interpretazioni normative (Allegato 3 del decreto ministeriale 14 maggio 1996), "è stato consentito l'uso in deroga di tali manufatti fino all'emissione del decreto ministeriale 14 dicembre 2004, che ne ha vietato definitivamente il nuovo utilizzo, pur permettendo l'utilizzo di ciò che già era stato installato".
Si fa riferimento alla possibile contaminazione da fibre di amianto delle matrici aria e suolo, che "potrebbe derivare dal deterioramento dei materiali contenenti amianto".
Per quanto riguarda i limiti di esposizione nell'aria ambiente, si sottolinea che "non esiste un riferimento normativo per gli ambienti esterni; pertanto, si considera il valore di 1 ff/l, indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per le esposizioni della popolazione (Air Quality Guidelines for Europe, 2000)". Per quanto riguarda la contaminazione del suolo, "il Decreto Legislativo 152/2006 e successive modifiche stabilisce il limite di 1000 mg/kg di amianto totale, mentre con il Decreto 1 marzo 2019, n. 46, relativo al Regolamento sugli interventi di bonifica, ripristino ambientale e messa in sicurezza, emergenziale, operativa e permanente, delle aree destinate alla produzione agricola e all'allevamento, il limite è stato ridotto a 100 mg/kg". Tuttavia, "questi limiti sono difficilmente misurabili con gli strumenti analitici commercialmente disponibili".
Per quanto riguarda la possibile dispersione di fibre di amianto nell'acqua, si ricorda che il principale riferimento normativo è rappresentato dal D.lgs 114/1995 riguardante le acque di scarico provenienti da impianti industriali e operazioni di bonifica. Anche in questo caso, vengono riportati i valori limite, che possono variare "a seconda della natura dei prodotti contenenti amianto presenti negli scarichi liquidi" (articolo 3, comma 3, legge 257/1992).
Per quanto riguarda la classificazione e la gestione dei rifiuti, si rammenta che il D.Lgs. 152/2006 "stabilisce l'obbligo di iscrizione all'Albo Nazionale dei Gestori Ambientali nella categoria 103 per le imprese che si occupano di bonifica da amianto e nelle categorie 54 o 2 bis per quelle che effettuano il trasporto dei rifiuti pericolosi, tra cui quelli derivanti da tali attività. Stabilisce inoltre che un rifiuto deve essere classificato come pericoloso, ai sensi della direttiva 2008/98/CE, se contiene 'una sostanza riconosciuta come cancerogena (Categorie 1 o 2) in concentrazione ≥ 0,1%'. Poiché l'amianto è una sostanza di Categoria 1, tutti i rifiuti che lo contengono in concentrazioni superiori allo 0,1% devono essere classificati come pericolosi".
Si ricorda inoltre che tutti i rifiuti speciali "vengono classificati come pericolosi quando rispondono ai criteri riportati nell'Allegato I (caratteristiche di pericolo) alla parte IV del Decreto Legislativo 152/2006 come sostituito dal Decreto Legislativo 205/2010. Tutti i rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, inclusi quelli contenenti amianto, sono quindi catalogati secondo la provenienza in un apposito elenco europeo rifiuti (EER) definito a livello comunitario".Il rapporto INAIL fa inltre riferimento anche a:
- Decreto ministeriale 27 settembre 2010 riguardante lo smaltimento dei rifiuti prodotti;
- Legge 93/2001 e Decreto ministeriale 101/2003 per quanto riguarda la mappatura dei siti contaminati da amianto.
Scarica il Manuale INAIL: Bonifica da amianto: iter procedurali e figure professionali coinvolte. Istruzioni operative Inail per la tutela dei lavoratori e degli ambienti di vita (PDF)