Rischi psicosociali nel DVR: un’opportunità per tutelare le persone e rafforzare l’impresa

Cosa prevede la normativa su stress lavoro-correlato, rischi psicosociali e formazione

 
team lavoro

Nel 2025 parlare di Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) non significa più soltanto mappare macchinari, rumori o sostanze pericolose. Oggi un DVR completo e conforme deve considerare anche i rischi psicosociali, ovvero tutte quelle condizioni di lavoro che possono generare stress, ansia, burnout, isolamento o conflitti relazionali.

Un cambiamento che non arriva per caso: la normativa, nazionale e internazionale, si è evoluta, così come le condizioni quotidiane nelle aziende, tra lavoro da remoto, carichi cognitivi elevati e nuove forme di vulnerabilità.

Ma cosa significa, concretamente, per un imprenditore o un datore di lavoro? E come si traduce questo obbligo in strumenti utili, anziché in adempimenti astratti?

Un obbligo normativo sempre più chiaro

Il punto di partenza è l’art. 28 del D.Lgs. 81/2008, che impone di valutare "tutti i rischi" per la salute e la sicurezza, compresi quelli legati allo stress lavoro-correlato.

A rafforzare questa linea sono arrivate negli anni:

  • la legge 4/2021, che ha recepito la Convenzione ILO 190 e ha inserito tra i rischi da prevenire anche molestie e violenze sul lavoro;
  • la norma UNI ISO 45003:2021, che offre un quadro tecnico per identificare e gestire i rischi psicosociali;
  • l’aggiornamento 2025 della metodologia INAIL, che ha introdotto strumenti digitali più strutturati per raccogliere dati reali su benessere, carichi di lavoro, relazioni interne e organizzazione.

La direzione è chiara: salute e sicurezza oggi includono anche la dimensione psicologica e relazionale del lavoro.

Cosa rientra nei rischi psicosociali

Parliamo di situazioni che possono sembrare "normali", ma che, se protratte o mal gestite, incidono negativamente sul benessere e sulle performance:

  • carichi di lavoro eccessivi, scadenze serrate, pressione da risultati;
  • mancanza di autonomia o di chiarezza nei ruoli;
  • conflitti, isolamento, scarsa comunicazione interna;
  • molestie, comportamenti aggressivi o discriminazioni;
  • difficoltà legate al lavoro da remoto o alla reperibilità costante.

Non è solo una questione di clima aziendale: i rischi psicosociali aumentano il rischio di errori, malattie, infortuni e contenziosi. Per questo vanno valutati, registrati e gestiti.

Come integrare i rischi psicosociali nel DVR

L’integrazione può avvenire in modo graduale e strutturato. Il primo passo è una raccolta dati, che può partire da semplici indicatori interni: assenze frequenti, infortuni anomali, segnalazioni da parte del RLS, rotazione elevata del personale.

Successivamente, si possono somministrare questionari validati, come quelli messi a disposizione da INAIL, affiancati, nei casi più complessi, da focus group o interviste individuali. È importante coinvolgere le persone in modo serio e riservato, creando uno spazio in cui possano esprimersi liberamente.

Una volta raccolti i dati, occorre interpretarli e restituirli in una forma comprensibile. Il DVR deve riportare, in un capitolo dedicato, la valutazione dei rischi psicosociali, con una chiara distinzione tra aree a basso, medio o alto rischio.

Infine, occorre tradurre la valutazione in azioni: migliorare l’organizzazione del lavoro, avviare percorsi di formazione sulla gestione dei conflitti, aggiornare le policy aziendali su molestie o discriminazioni, introdurre strumenti di supporto psicologico.

Il ruolo dell'Accordo Stato-Regioni 2025

Un elemento importante introdotto dal Nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025 riguarda il legame diretto tra DVR e contenuti formativi, compresi quelli relativi ai rischi psicosociali.

L'Accordo specifica che ogni percorso di formazione specifica deve essere progettato a partire dalla valutazione dei rischi effettuata dall’azienda, tenendo conto dei gruppi omogenei di lavoratori esposti a determinati pericoli. In questo contesto, lo stress lavoro-correlato, insieme a molestie e violenze, viene inserito tra i temi su cui formare i lavoratori, a condizione che tali rischi siano stati esplicitamente identificati nel DVR.

Questo implica che una corretta valutazione dei rischi psicosociali non solo è obbligatoria dal punto di vista normativo, ma diventa anche funzionale alla costruzione di una formazione coerente, mirata ed efficace. Un’opportunità, quindi, per superare la logica dei corsi standardizzati e puntare a un percorso formativo davvero utile alle persone e calato nella realtà aziendale.

Non solo obblighi: i vantaggi di una gestione attiva

Affrontare i rischi psicosociali non è solo un dovere di legge: è anche un modo concreto per migliorare le performance dell’azienda. Secondo INAIL, le imprese che investono sul benessere psicosociale registrano meno assenze e meno infortuni, una maggiore fidelizzazione del personale e, spesso, un miglioramento tangibile del clima interno.

C’è poi un impatto reputazionale crescente: molte aziende, specie quelle coinvolte in filiere internazionali o in bandi pubblici, devono oggi rendicontare nei report ESG anche le azioni a tutela del benessere dei lavoratori. Un DVR aggiornato e completo può fare la differenza anche in questo senso.

Includere i rischi psicosociali nel DVR non significa quindi aggiungere burocrazia, ma riconoscere che la sicurezza è anche questione di relazioni, emozioni, organizzazione. Un’impresa che sa prendersi cura delle persone è un’impresa più sana, più solida, più credibile. E oggi ha a disposizione strumenti chiari per farlo.


Termini da conoscere

  • DVR: Documento di Valutazione dei Rischi che analizza tutti i rischi presenti in azienda. Vai alla voce
  • Rischi psicosociali: fattori legati all’organizzazione del lavoro che possono provocare stress, burn‑out o disagio. Vai alla voce
  • Benessere organizzativo: insieme di pratiche e condizioni volte a promuovere la salute mentale e il benessere sul posto di lavoro. Vai alla voce

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