Sicurezza sul lavoro: i cinque nodi attuali e il nuovo Accordo Stato-Regioni

La sicurezza sul lavoro resta uno dei temi più sensibili e in continua evoluzione per le imprese. Con l’entrata in vigore del nuovo Accordo Stato-Regioni del 17 aprile 2025, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 maggio, si apre una nuova fase normativa che punta a rendere la formazione un vero strumento di prevenzione, non solo un adempimento.
Il giurista Rolando Dubini, esperto di sicurezza su lavoro, analizza cinque questioni chiave che oggi definiscono il presente (e il futuro) della prevenzione nei luoghi di lavoro. Le sue riflessioni aiutano a orientarsi in un quadro normativo più articolato e allo stesso tempo più esigente per datori di lavoro, dirigenti e preposti.
Secondo Dubini, il nuovo Accordo rappresenta un intervento “chirurgico”: ha riorganizzato i precedenti Accordi in un sistema più coerente, introducendo criteri specifici per adattare la formazione alla realtà dei rischi presenti in ciascuna impresa. Non più moduli standard, ma percorsi basati su valutazione dei rischi effettivi, settore produttivo, mansioni e gruppi omogenei di lavoratori.
Tra le principali novità:
- Formazione obbligatoria per tutti i datori di lavoro (16 ore iniziali + 5 ore di aggiornamento ogni 5 anni).
- Formazione del preposto rafforzata (12 ore in presenza + aggiornamento biennale).
- Verifica finale obbligatoria e strumenti di valutazione in campo (checklist, osservazioni, near miss).
- Formazione regolata per cantieri, ambienti confinati, attrezzature.
- Riconoscimento della formazione sincrona in videoconferenza e dell’e-learning, se progettati correttamente e tracciabili.
- Tracciabilità documentale contro i falsi attestati e distinzione tra soggetti formatori (istituzionali, accreditati, altri).
Non mancano però, secondo Dubini, alcuni punti critici: la possibilità per le Regioni di introdurre norme “migliorative” può compromettere l’uniformità del sistema, e mancano riferimenti chiari a contesti come lo smartworking, l’alternanza scuola-lavoro e i tirocini formativi.
Dubini dedica ampio spazio al ruolo del preposto, figura chiave nel presidio quotidiano della sicurezza. Il nuovo Accordo ne rafforza la formazione, ma è il profilo giuridico a renderlo centrale: il preposto ha un vero e proprio obbligo di vigilanza e può rispondere penalmente per lesioni o omicidio colposo.
La Cassazione ha definito la sua vigilanza come “costante, ravvicinata, proattiva”. Strumenti digitali e app non sostituiscono la responsabilità umana. Il preposto deve essere presente, attento, in grado di interrompere l’attività in caso di pericolo. Non può voltarsi dall’altra parte.
La diffusione dell’intelligenza artificiale nei luoghi di lavoro sta rivoluzionando anche il campo della prevenzione: visione artificiale per rilevare posture scorrette, dispositivi indossabili, simulazioni immersive. Tuttavia, Dubini avverte che la tecnologia non può sostituire l’uomo nella responsabilità.
Il GDPR impone limiti chiari al trattamento automatizzato dei dati e alla sorveglianza sistematica. Inoltre, i modelli organizzativi previsti dall’art. 30 del D.Lgs. 81/2008 devono integrare l’uso dell’IA in modo trasparente, responsabile e tracciabile.
La vera sfida è giuridica: chi risponde in caso di errore algoritmico? Il datore di lavoro non può delegare la valutazione dei rischi e la designazione dell’RSPP. Anche in presenza di deleghe valide, la vigilanza resta sua.
Dal 1° ottobre 2024 è attiva la patente a crediti per le imprese nei cantieri mobili o temporanei. Si parte da 30 punti, che vengono decurtati in caso di violazioni o infortuni. Scendendo sotto i 15 punti, si viene esclusi dai cantieri.
Secondo Dubini, il principio è corretto – premiare chi investe in sicurezza – ma c’è il rischio che la patente diventi un adempimento formale anziché uno strumento effettivo di prevenzione. Sarà decisiva l’applicazione pratica, la tracciabilità degli audit e l’adozione di modelli organizzativi efficaci.
Per Dubini, la formazione è il vero cardine del sistema di prevenzione. Non si misura più in ore, ma in risultati. L’Accordo 2025 introduce dossier didattici, formazione per gruppi omogenei, verifica finale obbligatoria, tracciamento dei risultati.
Ma il punto più profondo è culturale: «la formazione non è solo un obbligo giuridico, ma un fatto antropologico». È il modo in cui un’organizzazione trasmette il sapere e la consapevolezza, affinché il rispetto delle regole non sia imposto, ma condiviso.
Il rischio maggiore, avverte, è che la quantità di attestati continui a crescere a scapito della qualità. Solo con una responsabilizzazione diffusa – lavoratori, preposti, datori di lavoro – la formazione potrà tornare a essere ciò che deve: strumento di tutela reale della vita nei luoghi di lavoro.
Termini da conoscere
- DVR: Documento di Valutazione dei Rischi che analizza tutti i rischi presenti in azienda. Vai alla voce
- DPI: Dispositivi di Protezione Individuale utilizzati per ridurre l’esposizione ai rischi sul lavoro. Vai alla voce
- Formazione obbligatoria: formazione prevista dalla legge per garantire competenze in materia di salute e sicurezza. Vai alla voce